Normativa antincendio. Per i condomini con altezze superiori a 24 metri saranno implementate le responsabilità a carico dell'amministratore di condominio

Normativa antincendio. Per i condomini con altezze superiori a 24 metri saranno implementate le responsabilità a carico dell’amministratore di condominio
Ecco la bozza della nuova regola tecnica prestazionale per l’antincendio in condomini di altezza superiore a 24 mt.
 
Con la definizione della nuova Regola Tecnica Prestazionale per l’antincendio nei condomini con altezze superiori ai 24 metri, in dirittura di arrivo e rientrante nel Codice di Prevenzione Incendi (D.M. 03.08.2015, in fase di revisione), e dopo l’entrata in vigore del Decreto 25.01.2019 sulle norme antincendio per gli edifici di civile abitazione, aumentano le responsabilità a carico dell’amministratore.
=> Nuove norme antincendio. Dal 6 Maggio si cambia. Pianificazione e gestione dell’emergenza: il ruolo dell’amministratore di condominio
Dopo l’entrata in vigore, lo scorso 6 maggio 2019, del Decreto 25 gennaio 2019 che apporta “Modifiche ed integrazioni all’allegato del Decreto 16 maggio 1987, n. 246 concernente norme di sicurezza antincendi per gli edifici di civile abitazione”, tutti gli edifici residenziali esistenti alla data di entrata in vigore del decreto, dovranno allinearsi alle disposizioni riportate nell’All. 1 secondo queste tempistiche e termini:

  • 2 anni (maggio 2021): adeguamento alle disposizioni riguardanti l’installazione degli impianti di segnalazione manuale di allarme incendio (previste per altezze antincendio superiori a 54 metri) e dei sistemi di allarme vocale per scopi di emergenza (previsti in caso di altezza antincendio maggiore di 80 metri);
  • 1 anno (maggio 2020): adeguamento alle restanti disposizioni indicate nel decreto (adozione di tutte le disposizioni antincendio e di quelle atte a garantire l’esodo in caso di incendio in totale sicurezza).

In base a quanto stabilito dal Decreto in merito alla gestione della sicurezza, questa varia sulla base dei Livelli di Prestazione Antincendio legati all’altezza antincendio dell’edificio (cioè l’altezza massima misurata dal livello inferiore dell’apertura più alta dell’ultimo piano abitabile e/o agibile – escluse quelle dei vani tecnici – al livello del piano esterno più basso).
=> A Maggio 2020 entreranno in vigore le nuove norme diversificate in base alle altezze degli edifici
Per ciascuna delle quattro categorie [1] , il Decreto detta i ruoli e le funzioni sia del responsabile dell’attività antincendio che degli occupanti in caso di emergenza; in tale ottica l’amministratore viene investito da una serie di responsabilità inerenti le misure antincendio preventive e la pianificazione dell’emergenza.
Tali responsabilità sono ribadite anche nella normativa prestazionale di prevenzione incendi per i condomini di altezza antincendio superiore a 24 metri, la nuova RTV (Regola Tecnica Verticale), attualmente in fase di definizione in sede al Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la Prevenzione Incendi (CCTS).
La nuova RTV non potrà prescindere, però, dalle misure previste per tutte quelle attività rientranti nel campo di applicazione del Codicedi Prevenzione Incendi (D.M. 03.08.2015, anch’esso in fase di revisione) e contenute nella Regola Tecnica Orizzontale (RTO), e da eventuali altre Regole Tecniche Verticali quali, ad esempio, quelle relative alle aree a rischio specifico e ai vani degli ascensori.
Sulla base della bozza in discussione, che riporta indicazioni complementari o sostitutive delle soluzioni conformi previste dai corrispondenti livelli di prestazione della RTO, l’amministratore dovrà adottare una serie di misure preventive che si possono così sintetizzare:

Misure preventive antincendio:
corretto deposito ed impiego dei materiali combustibili, di sostanze e miscele pericolose;
mantenimento della disponibilità di vie d’esodo sgombre e sicuramente frui­bili;
corretta manutenzione ed esercizio delle chiusure tagliafuoco dei varchi tra compartimenti;
riduzione delle sorgenti di innesco (es. limitazioni nell’uso di fiamme libere senza le opportune precauzioni, rispetto del divieto di fumo ove previsto, di­vieto di impiego di apparecchiature elettriche malfunzionanti o impropria­mente impiegate, …).
È’ compito dell’amministratore anche valutare il rischio incendio aggiuntivo derivante da eventuali lavori di manutenzione o da modifiche all’attività, per il quale dovrà occuparsi della:
gestione dei lavori di manutenzione, valutazione dei relativi rischi aggiuntivi e di interferenza, con particolare riguardo a lavorazioni pericolose ai fini dell’incendio (es. lavori a caldo), temporanea disattivazione di impianti di sicurezza, temporanea sospensione della continuità della compartimenta­zione, impiego delle sostanze o miscele pericolose (es. solventi, colle);
valutazione dei rischi di incendio in caso di modifiche all’attività (es. alle strutture, alle finiture, al rivestimento delle facciate, all’isolamento termico e acustico e agli impianti, ecc.).

Anche la pianificazione dell’emergenza, che dovrà essere predisposta per tutti gli edifici di altezze superiori ai 24 mt., richiede un’attenta verifica nonché un costante aggiornamento e lo stesso amministratore dovrà accertarsi che tutti gli occupanti dell’immobile siano informati sulle misure antincendio preventive e sulle procedure da seguire e i comportamenti da adottare in caso di incendio (istruzioni per la chiamata di soccorso e la diffusione dell’allarme, indicazioni sulle vie di fuga e sul corretto esodo degli occupanti, messa in sicurezza degli impianti, divieto di utilizzo degli ascensori se non antincendio, ecc.).
Per gli edifici di altezze superiori ai 54 mt. la nuova RTV prevede la figura del (o dei) coordinatore dell’emergenza [2] , che dovrà sovrintendere all’attuazione della pianificazione dell’emergenza e delle misure di evacuazione previste.
Dovrebbe essere compito dell’amministratore individuare e nominare tale figura professionale, come anche quello di predisporre un apposito centro di gestione delle emergenze per gli edifici di altezza superiore a 80 mt.
[1] Sulla base dell’altezza antincendio degli edifici, il Decreto fissa quattro categorie:
L.P.0 per gli edifici di altezza antincendi da 12 metri a 24 metri;
L.P.1 per gli edifici di altezza antincendi da 24 metri a 54 metri;
L.P.2 per gli edifici di altezza antincendi da oltre 54 metri fino a 80 metri;
L.P.3 per gli edifici di altezza antincendi oltre 80 metri.
[2] Il ruolo di coordinatore dell’emergenza può essere svolto da un servizio di vigilanza esterno oppu­re anche dagli stessi occupanti dell’attività, se opportunamente formati come addetti antincendio; almeno uno dei coordinatori deve essere continuamente presente presso l’attività; in alternativa può essere garantito un servizio continuo di pronta disponibilità entro 30 minuti dalla chiamata.
 

I millesimi.

I millesimi. 
Di fronte al problema di come suddividere le spese condominiali, capita spesso di sentire in assemblea commenti davvero accorati del tipo “ma non è giusto!”, specie in riferimento ai lavori straordinari. Tolte le persone in malafede che pur di veder ridotta la propria rata non accettano ragioni (se non la propria), ecco qualche dritta su come approcciarsi alle tabelle millesimali.
Le parti comuni sono di proprietà (e a carico) di ciascun condomino in ragione del valore della propria unità abitativa, relativamente al valore delle altre unità (così indica la legge). Il valore però NON può intendersi come quello commerciale: andrebbe altrimenti rivisto ogni volta che avviene una compravendita, e periodicamente occorrerebbe un controllo sul mantenimento del valore interno di ciascun appartamento (migliorie come infissi di pregio o il rifacimento dei bagni, o d’altro canto il lento decadimento di una casa in abbandono). Si fa quindi riferimento ad un valore intrinseco della singola unità abitativa, basato su tanti criteri quante sono le peculiarità che differenziano le varie unità abitative.
Chi decide quali sono questi criteri sono i proprietari prima della costituzione iniziale del condominio, ed in genere questo è il costruttore. Sarebbe ottima cosa, quindi, che insieme alla tabella millesimale sia allegata agli atti di compravendita anche la relazione tecnica del consulente che ha redatto la tabella, indicando quali criteri sono stati considerati e come. E’ infatti importante sapere fin dall’inizio cosa si accetta (con valore contrattuale!) poiché la giurisprudenza è abbastanza restia ad accogliere richieste di modifica della tabella millesimale per ragioni non “strutturali”, che sono un errore di calcolo iniziale o una alterazione di più di un quinto della unità abitativa (passare da 100 a 120 metri quadri, per esempio). Compreso questo, ogni modifica è permessa se c’è il consenso unanime dei proprietari, e quindi senza passare da un tribunale. Altri tipi di modifica ai criteri di ripartizione delle spese sono spesso consentiti a maggioranza semplice (maggioranza dei presenti che rappresenti i 501 millesimi) dopo la sentenza della Corte di Cassazione n. 18477 del 2010, ma questo è un altro discorso valevole soprattutto per le spese ordinarie.
I criteri di calcolo delle tabelle si dividono in “interni”, cioè propri di ciascun appartamento (come superficie, volume, numero e natura dei vani, grado di aerazione e illuminazione naturale, orientamento) ed “esterni”, cioè dipendenti dalla struttura (esposizione, panorama, piano e raggiungibilità, isolamento acustico e termico…), così se ne esistono tanti oggettivi e facilmente misurabili, alcuni restano abbastanza soggettivi. Alcuni esempi: ha un valore intrinseco un posto-auto vicino all’uscita o uno identico situato alla fine del corsello dei box, in cui è anche difficile fare manovra? Sempre a parità di superficie e volume, ha maggior valore intrinseco un appartamento posto all’ultimo piano di un edificio senza scale, o quello al piano terreno? Vale più una unità abitativa isolata su più lati da altri appartamenti, o la stessa unità posta in testa con una dispersione termica maggiore?
Per quasi ogni criterio in analisi ci sono dei coefficienti di calcolo, citati in due circolari ministeriali, una risalente al 26 marzo 1966, ed una del 26 luglio 1993 (che dopo 27 anni offre delle precisazioni sulla prima): queste indicazioni sono state redatte per le cooperative edilizie a contributo statale, ma la prassi le ha fatte valere per tutti i condomini.
Le disposizioni ministeriali lasciano un certo margine di discrezione al tecnico che redige le tabelle (come appunto il grado di funzionalità di un appartamento). Auspichiamo che lo Stato elabori dei criteri ancora più precisi, non limitandosi all’edilizia pubblica. Ma se i tempi di reazione del Ministero sono di 27 anni tra una circolare e l’altra, in attesa del 2020 l’auguro è di affidarsi solo a mani esperte.

Insert Alt text here

Minaccia aggravata per chi insulta l'amministratore di condominio

Minaccia aggravata per chi insulta l’Amministratore di Condominio
sentenza numero 19702/2019
Insert Alt text here
Fermo restando che nessuna causa è mai vinta o persa in partenza e che ogni situazione è a sè e non prescinde dal contesto in cui prende forma, la recente sentenza della Cassazione ha senza ombra di dubbio una grande rilevanza. In sintesi:
“Se le minacce sono tali da turbare psicologicamente l’amministratore, il condomino rischia una condanna penale aggravata”
 
Sebbene i rapporti tra amministratori di condominio e condomini non siano sempre idilliaci, non è comunque mai lecito oltrepassare il confine del normale dibattito quotidiano.
Lo dimostra la vicenda di una condomina che, dopo che la Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso (sentenza numero 19702/2019), ha visto divenire definitiva la condanna nei suoi confronti per il reato di minaccia aggravata in danno dell’amministratrice del suo condominio.
La minaccia
Nella recente sentenza, la Corte di cassazione ha avuto modo di ricordare che la minaccia “consiste nella prospettazione di un male futuro, il cui avverarsi dipende dalla volontà dell’agente, richiedendosi l’idoneità della stessa a turbare psicologicamente la persona offesa, in altre parole, ad intimidirla”.
Tale idoneità, oltretutto, non va determinata sulla base dell’effetto concretamente verificatosi, ma ex ante e tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto.
La vicenda
Nel caso di specie, l’imputata aveva urlato, riferendosi all’amministratrice, frasi del tenore di “Questa è una ladra, la deve pagare, la porto in tribunale, deve avere paura” e “La levo davanti, prima che te ne vai ti devo uccidere“.
Nelle espressioni utilizzate dalla donna, la Corte territoriale aveva riconosciuto la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di minaccia, alla luce della presenza di minacce di morte, anche corredate del riferimento all’intenzione di fare uso di una bomba.
Oltretutto, il contesto di riferimento, in quel preciso momento, non era corredato da animosità tali da poter fare da sfondo a uno scambio di parole “la cui valenza intimidatoria poteva essere esclusa dalla partecipazione della persona offesa alla contesa”.
A fronte dell’inammissibilità del ricorso in Cassazione, resta quindi la condanna inflitta alla condomina per il reato di minaccia aggravata.
 
Valeria Zeppilli
Insert Alt text here

LEGGE 14 GIUGNO 2019 NR 55 IMMOBILI DEGRADATI

 

LEGGETE ATTENTAMENTE:
Legge 14 giugno 2019, n. 55 Immobili degradati: arriva l’amministratore di condominio giudiziario

Insert Alt text here

Quali saranno le conseguenze per il condominio destinatario dell’ordinanza?
Il Parlamento ha di recente licenziato la Legge 14 giugno 2019, n. 55, che ha convertito, con modifiche il Decreto Legge 18 aprile 2019, n. 32, ormai noto ai più come ‘Decreto Sblocca – Cantieri’; infatti, la rubrica del Decreto, così come della Legge di Conversione recita Disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi
Per quello che qui interessa commentare, l‘art. 5 sexies della Legge n. 55/2019(già art. 5 bis del Decreto – legge) prevede quanto segue: <<1. Negli edifici condominiali dichiarati degradati dal comune nel cui territorio sono ubicati gli edifici medesimi, quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1105, quarto comma, del Codice civile, la nomina di un amministratore giudiziario può essere richiesta anche dal sindaco del comune ove l’immobile è ubicato.
L’amministratore giudiziario assume le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea. 2.
Le dichiarazioni di degrado degli edifici condominiali di cui al comma 1 sono effettuate dal sindaco del comune con ordinanza ai sensi dell’articolo 50, comma 5, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nel quadro della disciplina in materia di sicurezza delle città di cui al decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48. 3.
Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.>>
Cerchiamo di ‘tradurre’ il testo legislativo e di capire cosa è stato previsto:

  • innanzitutto, il Comune del luogo ove si trova il Condominio dovrà procedere con una dichiarazione dello ‘stato di degrado’ utilizzando la forma dell’ordinanza contingibile ed urgente del Sindaco, prevista dall’art. 50, 5° comma, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico sugli Enti Locali, TUEL);
  • a questo punto – e questo si deduce dall’ermetico testo letterale della norma – il Condominio dovrà riunirsi in Assemblea per esaminare la dichiarazione dello stato di degrado e, soprattutto, adottare le delibere necessarie a porre rimedio alla situazione (segnatamente, le delibere di approvazione dei lavori da eseguire per il ripristino, si ritiene, del corretto stato manutentivo dell’edificio condominiale);
  • la norma in commento richiama poi l’art. 1105 c.c., che disciplina l’amministrazione dei beni in comunione, in particolare il 4° comma, laddove si specifica che <<Se non si prendono i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune o non si forma una maggioranza, ovvero se la deliberazione adottata non viene eseguita, ciascun partecipante può ricorrere alla autorità giudiziaria. Questa provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.>>.

Quindi, l’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri prevede che, se nonostante la dichiarazione dello stato di degrado, il Condominio:

  • non viene convocato in Assemblea straordinaria per deliberare;
  • pur convocato in Assemblea straordinaria, non raggiunge i quorum per deliberare;
  • pur avendo deliberato, non esegue i lavori decisi

Allora sarà ANCHE il Sindaco (unitamente a ciascun singolo condòmino, come già previsto dall’art. 1105 c.c., applicabile per rinvio ai sensi dell’art. 1139 c.c.) a poter depositare ricorso al Tribunale affinché questo nomini un Amministratore giudiziario; l’amministratore giudiziario così nominato deve assumere le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea.
Procediamo allora per punti per cercare di capire cosa devono aspettarsi i Condominii ed i loro Amministratori a partire dal 18 giugno 2019.
La dichiarazione di degrado: quando sussiste degrado.
Partiamo dall’ovvia considerazione per cui dell’applicazione della norma dovranno preoccuparsi quei Condominii che versino in stato di ‘degrado’: ma quando è ravvisabile il ‘degrado’?
Non solo: esiste una definizione normativa di ‘degrado’, applicabile alla fattispecie condominiale? Oppure ci troviamo nella stessa situazione osservata per la definizione di ‘ordinaria’ e ‘straordinaria’ manutenzione, per cui abbiamo una casistica data dalla giurisprudenza, mentre i tecnici insistono nel fare riferimento al D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, TUE)?
A tale proposito, potrà forse risultare utile, in attesa delle prime applicazioni pratiche che giungeranno nei prossimi mesi, dare conto di quanto riportato in una sentenza del TAR Lazio (Sez. II, sent. 21 ottobre 2017, n. 10871), dove i Giudici amministrativi erano stati chiamati a dirimere una controversia circa la qualifica di un immobile, facente parte del patrimonio dell’I.N.A.I.L. e da dismettere, come “di pregio” o meno.
In particolare, poiché la normativa pubblicistica prevede che lo ‘stato di pregio’ venga meno o non sia riconoscibile dinnanzi allo ‘stato di degrado, il TAR osserva in maniera specifica e dettagliata
Che cosa non possa intendersi come ‘degrado’: il degrado riferito al piano cantine non è di per sé elemento che può determinare il riconoscimento del degrado dell’intero immobile (cfr., in analogia, Cons. Stato, Sez.VI, 28 aprile 2010 n. 2428);

  • – non possono essere definiti degradati, ai fini che qui interessano, gli immobili che necessitano di interventi di riparazione, rinnovamento o sostituzione delle finiture esterne, che rientrano nel concetto di manutenzione ordinaria, ovvero che abbisognano di modifiche necessarie per rinnovare o sostituire parti anche strutturali dell’edificio o realizzare o integrare i servizi igienici e tecnologici, che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità abitative, da far rientrare nel concetto di manutenzione straordinaria (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 30 settembre2008 n. 4696);
  • – al fine di escludere la qualifica di pregio[ergo, per affermare che esista lo stato di degrado, N.d.r.], deve emergere la necessità di interventi volti al consolidamento, ripristino o rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio oalla necessità di impianti richiesti dalle esigenze dell’uso abitativo, quali l’impianto elettrico fatiscente, l’assenza nelle abitazioni di acqua diretta, l’assenza di un impianto fisso di riscaldamento, lesioni diffuse e passanti nelle pareti e nei soffitti inoltre il 60% dei vani, evidenti difetti strutturali nei due terzi degli infissi di chiusuradelle aperture esterne, lesioni diffuse e passanti in misura superiore al 50% dellasuperficie complessiva della facciata dell’edificio, precaria situazione strutturale con indebolimento delle strutture portanti a causa di aperture di varchi e quadro fessurativo alquanto diffuso con diverse lesioni, carenze strutturali e funzionali negli orizzontamenti e indebolimenti delle strutture delle scale, accresciutavulnerabilità sismica (Cons. di Stato, VI, 7 agosto 2008 n. 3899 n. 5961 del 2005);
  • – ai fini della procedura di dismissione di cui al d.l. n. 351/2001 [ma lo stesso dovrebbe valere per la dichiarazione di degrado del Condominio che qui interessa, N.d.r.], la nozione di immobile degradato a cui non applicare la qualifica di pregio deve essere interpretata relativisticamente, dovendosi far riferimento al complesso di beni cui essa si riferisce, e con riguardo allo stato di conservazione che è lecito attendersi,tenuto conto delle endemiche caratteristiche del bene da valutare.

Ne consegue chela vetustà di un immobile, implicando giocoforza che il suo normale stato di conservazione possa determinare la necessità di procedere ad opere manutentive odi rifacimento, non per questo solo lo fa classificare come “degradato”, dovendosi desumere, in caso contrario, che la maggioranza dei beni insistenti nei centri storici italiani dovrebbero qualificarsi in tal modo, con la conseguenza che la disposizione di cui all’art. 3, comma 13, del citato d.l. verrebbe ad essere svuotata di ogni pratico significato (Cons. Stato, Sez. VI, 07.02.2014, n. 590).>>
Una, nessuna, centomila ordinanze contingibili ed urgenti. Sia consentito ricordare che, anche prima della Legge Sblocca Cantieri, l’art. 54 del TUEL prevedeva che il Sindaco del Comune ove si trova l’edificio condominiale potesse ordinare l’esecuzione di tutte quelle opere indifferibili ed urgenti a tutela della pubblica e privata incolumità.
Non solo. In caso di inottemperanza all’ordinanza contingibile ed urgente (OCU), il Sindaco poteva ordinare l’esecuzione delle opere, agendo poi in regresso nei confronti degli interessati per ottenere la restituzione delle somme sborsate.
Di recente, una situazione simile è stata affrontata dal Giudice di Pace di Nola, con la sentenza del 04 maggio 2018(laddove vengono citate sul punto, Cassaz., SU, 10 luglio 2006, n. 15611 eCassaz., Sez. I, 13 aprile 2001, n. 5540).
Il Giudice onorario ha dato ragione al Comune che agiva per la riscossione delle somme pagate per le opere di consolidamento ordinate ad un Condominio, tramite il meccanismo di cui all’art. 54 TUEL, rammentando come il Comune avesse a disposizione ben 4 procedure per ottenere la restituzione delle somme, ovvero:

  1. il procedimento monitorio ordinario (ricorso per D.I. ex art. 633 e ss c.p.c.),
  2. il procedimento per la riscossione delle entrate patrimoniali ex R.D. 14 aprile 1910, n. 639,
  3. il procedimento di riscossione disciplinato dagli artt. 67 e 69 delD.P.R. n. 43 del 1988, e
  4. il procedimento ordinario di cognizione ex art. 163 e ss. c.p.c. (atto di citazione).

Ci si permette di aggiungere il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. cioè il procedimento sommario di cognizione.
Ciò che ha fatto la Legge Sblocca Cantieri è aggiungere una differente ipotesi di OCU, accanto a quella prevista dall’art. 54 TUEL, cioè l’OCU attualmente disciplinata dall’art. 50, 5° comma, TUEL, tenendo presente che, con l’OCU di cui all’art. 54 TUEL il Sindaco agisce quale ufficiale del Governo in sede territoriale, mentre l’art. 50 TUEL prevede un’OCU che promana dal potere di rappresentanza locale spettante al Sindaco.
L’OCU ex art. 50, 5° comma, TUEL, quella per intenderci che potrebbe essere notificata all’Amministratore ed ai condòmini, è riservata alle situazioni in cui sussista <<urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell’ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana>>.
Con il richiamo operato dall’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, si è aggiunta, alle situazioni elencate dall’art. 50, 5° comma, TUEL, l’ipotesi di DEGRADO CONDOMINIALE, quando, a ben vedere, il Condominio è parte di quei ‘territorio’, ‘ambiente’, ‘patrimonio culturale’ di cui all’art. 50 TUEL.
L’ordinanza sindacale: presupposti, conoscibilità, conseguenze. Veniamo ad aspetti più tecnici, cui gli Amministratori d’ora innanzi dovranno porre attenzione. Al fine di poter validamente adottare l’OCU, il Sindaco dovrà verificarne i presupposti, pertanto, innanzitutto, lo ‘stato di degrado’ che caratterizza l’edificio condominiale oggetto dell’attenzione dell’amministrazione pubblica e della definizione di degrado abbiamo già dato conto sopra.
Ovviamente, l’OCU potrà essere emessa solamente dopo aver anche verificato che sussistano i requisiti di contingibilità ed urgenza a provvedere.
Per contingibilità dobbiamo intendere una situazione concreta, attuale e che non era possibile prevedere con anticipo: dobbiamo anche avere riguardo alla gravità della situazione, cioè all’effetto che il degrado rilevato può avere sul territorio circostante.
L’urgenza va da sé che sia collegata all’intensità del fenomeno ‘degrado’, nonché alle circostanze del caso concreto – pensiamo ad esempio ad un Condominio la cui facciata versi in stato di degrado, situato in un Comune dove sta per svolgersi una manifestazione pubblica cui parteciperanno molte persone.
L’OCU contenente la dichiarazione dello stato di degrado, prevista dall’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, dovrà essere portata a conoscenza dei soggetti cui si riferisce ed indicherà un termine per l’adempimento.
Sembra potersi escludere che il Comune sia tenuto ad avvisare il Condominio, quale interessato ai sensi della Legge 07 agosto 1990, n. 241 (Legge sul Procedimento Amministrativo), dell’avvio della procedura di dichiarazione di degrado, vista la presunta ‘indifferibilità’ degli interventi sull’edificio che l’OCU vorrebbe in certo senso ‘incentivare’ (v. TAR Lombardia Milano, Sez. III, sent. 17 dicembre 2014, n. 3049).
Dopo la sua adozione, l’OCU andrà comunque pubblicata nell’Albo comunale quale atto di emanazione dell’ente locale comunale: poiché inoltre si tratterà, nella maggioranza dei casi, di atto rivolto a soggetti determinati, essa dovrà essere notificata all’Amministratore di Condominio: probabilmente, verrà notificata a tutti i singoli condòmini laddove l’amministrazione pubblica aderisca alla tesi per cui il Condominio, in quanto tale, non è obbligato perché in realtà spettava ai singoli condòmini adottare i provvedimenti di conservazione dello stabile onde evitare lo scivolamento verso il degrado.
Quali saranno le conseguenze per il Condominio destinatario dell’OCU? Come letto nell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, il Condominio dovrà immediatamente agire per eseguire l’OCU – sempre che non ritenga di impugnare l’OCU dinnanzi al TAR, ma rammentiamo che, trattandosi di provvedimento basato sulla discrezionalità della PA, esso potrà essere censurato solamente per vizi di legittimità, ma il merito dell’azione amministrativa – proprio come il merito della delibera assembleare – non potrà essere ridiscusso dinnanzi al Giudice.
In particolare, anche a fronte delle severe sanzioni di carattere penale previste per i casi di mancata manutenzione degli edifici in condominio, si suggerisce agli Amministratori di adottare una condotta diligente e prudente e, pertanto:

  • all’atto della nomina presso un Condominio, eseguire una due diligence sulle condizioni statiche, di decoro e di sicurezza dello stabile, con particolare riguardo, per ciò che ci interessa, allo stato manutentivo dell’immobile;
  • inserire nell’OdG della prima assemblea utile le opere e gli interventi che si ritengono necessari per la ‘messa in sicurezza’, sotto i molteplici aspetti, del fabbricato e dei condòmini (rispetto alle responsabilità incombenti);
  • laddove non si raggiunga il quorum deliberativo per almeno due assemblee consecutive, valutare se rimettere il mandato – a seconda dell’importanza degli interventi che il Condominio non può o non vuole eseguire – anche facendo ricorso al Tribunale per la nomina di un Amministratore giudiziario.

Immaginiamo ora di avere fatto quanto sopra e che, nonostante i nostri sforzi, il Condominio non sia riuscito a (o non abbia voluto) deliberare gli interventi necessari: in questo momento, ci viene notificata l’OCU del Sindaco.
Nel termine indicato dall’OCU, l’Amministratore dovrà convocare l’Assemblea; laddove l’Assemblea riesca a deliberare i lavori, l’Amministratore dovrà essere altrettanto celere nell’esecuzione degli stessi.
Ove non lo faccia, ricadrà su di lui la responsabilità per la nomina dell’Amministratore giudiziario su ricorso del Sindaco ai sensi dell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri – si immagina che i condòmini, in un caso simile, potrebbero anche chiedere all’Amministratore inadempiente di sostenere il costo del compenso dell’Amministratore giudiziario imposto dal Comune ricorrente, dato che tale nomina si è resa necessaria a fronte dell’inerzia del primo.
Qualora invece l’Assemblea non riesca a (o non voglia) deliberare sull’esecuzione degli interventi a seguito della notifica dell’OCU, si consiglia l’Amministratore di operare come indicato sopra (rimettere il mandato o chiedere lui stesso la nomina del suo successore al Tribunale) chiedendo che si dia indicazione, a verbale d’assemblea, dei condòmini contrari o astenuti nella votazione sugli interventi.
Ricordiamo che il verbale assembleare è responsabilità del Presidente e del Segretario, tuttavia dovrebbe essere interesse principale dei condòmini favorevoli dare un’evidenza probatoria dei soggetti ai quali è da imputare il degrado dell’edificio condominiale, onde separare la propria responsabilità dalla loro.
Infine, è opportuno notare che l’Amministratore giudiziario nominato su ricorso del Sindaco, ai sensi dell’art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, deve assumere le decisioni indifferibili e necessarie in funzione sostitutiva dell’assemblea.
Attenzione: lo stesso non potrebbe fare l’Amministratore giudiziario nominato su ricorso del condòmino o dell’Amministratore dimissionario. Infatti, per come è formulato l’art. 5 sexies in parola e per la straordinarietà delle circostanze della nomina, si ritiene che solamente l’Amministratore giudiziario nominato dietro istanza del Sindaco debba (e possa) agire in funzione sostitutiva dell’Assemblea.
Altro punctum dolens: agire in funzione sostitutiva dell’Assemblea significa che decide uno per tutti?
Quindi, l’Amministratore giudiziario:

  • nomina un tecnico per la valutazione degli interventi e la redazione dell’eventuale Capitolato, oppure, ove sussista un’urgenza ancora maggiore,
  • affida direttamente a ditta di sua fiducia gli interventi necessari, senza passare dalla delibera assembleare, andando così a rendicontare i costi di quanto svolto nella successiva assemblea, come previsto dall’art. 1135 c.c. in caso di lavori urgenti.

Ma, ci si chiede, cosa accade se i lavori vengono contestati – nulla di più verosimile, data la litigiosità che contraddistingue la materia condominiale nel nostro Paese?
In tale caso, l’Amministratore giudiziario torna ad essere un semplice mandatario e si ritiene che risponderà per le note culpa in eligendo e mancanza di ordinaria diligenza, proprio come accadrebbe all’Amministratore condominiale, a nulla rilevando l’origine della nomina, atteso che essa rimane circoscritta alla fase, appunto, di investitura ed alla possibilità di surroga rispetto all’Assemblea, ma lì termina la ‘specialità’ dell’Amministratore giudiziario; da quel punto in poi egli risponderà come un normale Amministratore.
Infine, è il caso di notare che l’art. 1105, 4° comma, c.c., pure richiamato dalla norma in commento, prevede che il Tribunale cui si fa ricorso in caso di impasse nelle decisioni sull’amministrazione della comunione possa adottare i provvedimenti ritenuti opportuni, tra i quali ANCHE la nomina di un Amministratore giudiziario.
Questo lo deduciamo perché la norma recita <<Questa[l’Autorità giudiziaria, N.d.r.]provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.>>, per cui non dovrebbe essere escluso che il Tribunale cui anche il Sindaco ricorre, in virtù dell’attuale art. 5 sexies della Legge Sblocca Cantieri, possa esso stesso ordinare i lavori, ma allora non comprendiamo la necessità di costringere il Sindaco a ricorrere al Tribunale, quando anche il Sindaco può imporre i lavori necessari con la OCU ordinaria …
La norma è sicuramente dettata dall’esigenza di ripristino del nostro contesto urbano verso un decoro maggiore, ma, come visto sopra, è stata cucita in un assetto normativo a metà tra il diritto privato e l’amministrazione pubblica e locale assolutamente complesso ed articolato: attendiamo le prime applicazioni per un ulteriore commento.
Avv. Caterina TOSATTI

 

Chiusura Estiva 2019

Si comunica alla gentile clientela che lo studio resterà chiuso per la pausa estiva
dal 29 luglio al 05 agosto e
dal 19 Agosto 2019  al 31 Agosto 2019  compreso
Per eventuali urgenze contattare il nr unico nazionale 112
Si ricorda che in caso d’urgenza il singolo condominio è autorizzato ad intervenire chiedono poi la ratifica all’assemblea del suo operato.
E’ possibile anche lasciare un messaggio completo al nr 0332.1951773 e/o mail daniele.dipasqua@libero.it
Buona estate a tutti

Amministrazioni Condominiali Di Pasqua -Azienda dinamica

Azienda giovane e dinamica, Amministrazioni Condominiali Di Pasqua offre i servizi di gestione e consulenza immobiliare. In costante aggiornamento è in grado di garantire prestazioni tempestive e professionali. Lo studio dal 2012  ovvero con l’entrata in vigore della riforma del condominio è in continua evoluzione ..

Lo studio si mantiene sempre aggiornato sulla normativa condominiale ed è sempre disponibile per consulenze in materia condominiale

Collaboriamo con una squadra validi di professionisti in grado di intervenire tempestivamente nella risoluzione delle problematiche all’interno della gestione condominiale.

Offriamo servizi come: amministrazioni condominiali, gestione immobili, redazione regolamenti di condominio, gestione pratiche di locazione,ecc