L'amministratore che non informa l'assemblea condominiale di un'azione giudiziaria può essere revocato?

L’amministratore che non informa l’assemblea condominiale di un’azione giudiziaria può essere revocato?

Quali sono le conseguenze se un amministratore di condominio non informa l’assemblea condominiale di un’azione giudiziaria promossa nei confronti del condominio?

Il Tribunale di Foggia conferma che detto comportamento porti alla possibilità di revoca dell’amministratore ed al risarcimento dei danni, ma aggiunge un particolare in controtendenza e, cioè,che anche la causa relativa all’impugnativa di delibera assembleare esorbiterebbe dalle attribuzioni dell’amministratore e, quindi, sarebbe necessaria l’informativa anche in tal caso.
Con Ordinanza del 5 luglio 2019 il Tribunale di Foggia ha deciso su di una questione tutt’altro che infrequente e cioè la domanda di revoca di un amministratore di condominio, domanda fondata su lamentati inadempimenti.
Occorre fare una premessa generale; se si analizza con scrupolo ed attenzione la legge 220/2012 (la c.d. riforma del condominio) si rileva come il legislatore abbia voluto, in ambito di rapporti condominiali, delineare un rapporto tra amministratore e condominio che potremmo definire biunivoco -cristallino.
Infatti, entrambe le parti, sono obbligate a tenere determinati comportamenti per consentire una corretta gestione del condominio (si pensi, a titolo meramente esemplificativo e non esaustivo, agli obblighi in capo all’amministratore di comunicazione dei propri dati ed al pari obbligo del condomino per quanto riferibile all’anagrafe condominiale). Ogni violazione a detti obblighi porta ad una specifica conseguenza.
 

Rapporto amministratore condominio e revoca giudiziale

L’art. 1129 c.c., per quel che concerne l’amministratore, tipizza quelle che possono essere gravi irregolarità dell’attività dell’amministratore con le seguenti precisazioni: 1) tale elenco non è esaustivo, infatti, la norma in parola precisa che “Costituiscono, tra le altre , gravi irregolarità ” e, quindi, le gravi irregolarità possono essere altre e diverse rispetto a quelle “tipizzate” e devono essere valutate caso per caso; 2) occorre fare bene attenzione perché le gravi irregolarità per ottenere la revoca non possono limitarsi ad una violazione meramente formale (es. mera dimenticanza dell’indicazione di un dato di cui all’art. 1129 c.c. da parte di un amministratore che amministra da anni un condominio), ma devono assurgere a disvalore giuridico volto a minare quel rapporto biunivoco – cristallino sopra citato.

Impugnazione della delibera, omessa informazione all’assemblea e revoca giudiziale

Tornando alla fattispecie, analizzata dal Tribunale, essa aveva ad oggetto un condomino che agiva in giudizio chiedendo la revoca dell’amministratore del condominio,lamentando che l’amministratore:
a) avrebbe impedito e ritardato l’esercizio del diritto di consultazione ed estrazione della copia di documenti condominiali;
b) avrebbe indotto l’assemblea a deliberare in merito alla “regolarizzazione delle cantinole “, con incarico affidato ad un tecnico scelto dal condominio, volto ad accertare il “possesso” delle cantinole anche in violazione dei dati catastali ed a verificare le modalità di “regolarizzazione” e “sistemazione” delle stesse, con modifica delle tabelle millesimali svolta senza convocare l’assemblea straordinaria;
c) non avrebbe comunicato all’assemblea la notifica dell’atto di citazione per impugnazione di una delibera assembleare;
d) avrebbe omesso di comunicare, alla compagine condominiale,questioni di interesse comune e nello specifico in relazione al servizio di pulizia condominiale.
=> Quando l’amministratore è obbligato a convocare l’assemblea e quali sono le conseguenze se non lo fa?
Nelle more del giudizio l’assemblea condominiale aveva nominato un nuovo amministratore del condominio di talché l’amministratore revocato nel costituirsi chiedeva fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Perché bisogna informare l’assemblea dell’impugnazione di una delibera?

Nelle motivazioni dell’ordinanza, il Tribunale, come prima cosa, riprende un concetto che ormai è consolidato nella giurisprudenza, sia di merito sia di legittimità, e cioè che il ricorso all’autorità giudiziaria in tema di revoca dell’amministratore , anche a mente dell’art. 1129 c.c., è subordinato al tentativo di procedere prima per via assembleare e solo qualora l’assemblea non vi provveda il condomino potrà rivolgersi all’autorità giudiziaria.
Oltretutto, nel novellato art. 1129 c.c., è stata introdotta la facoltà in capo anche al singolo condomino di chiedere , nel caso in cui siano emerse gravi irregolarità, la convocazione dell’assemblea condominiale (ante riforma occorreva fare comunque i conti con l’art. 66 disp. att. c.c.).
Non può sfuggire, poi, anche un altro particolare e cioè che la facoltà, in capo al singolo condomino, di convocazione è subordinato alla circostanza che “siano emerse gravi irregolarità” – e questo sulla scorta della facoltà dei condomini di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso delle spese, della documentazione condominiale – mentre in precedenza, nella ora riformata norma, era prevista la facoltà di chiedere la revoca giudiziaria se vi erano“fondatisospetti di gravi irregolarità“.
Prosegue il Giudicante, nelle proprie motivazioni, analizzando la questione dell’omessa informativa da parte dell’amministratore del condominio circa la notifica dell’atto di citazione – e, quindi, dell’inizio dell’azione giudiziaria – che aveva ad oggetto l’impugnativa di una delibera assembleare , precisando, altresì, che ai sensi dell’art. 1131 c.c., l’amministratore per un verso può ricevere atti di citazione o provvedimenti amministrativi indirizzati al condominio, per altro verso deve tempestivamente informare i condomini della ricezione di tali atti, ove abbiano un contenuto esorbitante le sue attribuzioni e qualora non ottemperi a detto obbligo “può essere revocato ed è tenuto al risarcimento dei danni“.
Secondo la prospettazione del Giudice, poi, l’impugnazione di una delibera assembleare volta a chiederne l’annullamento implica attribuzioni proprie dell’assemblea, e non dell’amministratore”.
In altre parole se l’amministratore riceve atti che esorbitano le proprie attribuzioni deve tempestivamente informarne la compagine condominiale pena la possibilità di essere revocato ed il rischio di dover risarcire il danno e secondo il giudice l’impugnativa di delibera esorbiterebbe dalle attribuzioni dell’amministratore.
Non si può non precisare che questa decisione è in controtendenza con altra giurisprudenza che ritiene che l’amministratore di condominio, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio – e quindi dal lato passivo – nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1131 c.c., commi 2 e 3, (quale, ad esempio, proprio la resistenza all’impugnazione di una delibera proposta da un condomino), non habisogno dell’autorizzazione dell’assemblea dei condomini, ed un’eventuale delibera sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta già validamente effettuata dall’amministratore (cfr. Cass. Ord. N. 12806/2019; Cass., Sez. 2, 25 maggio 2016, n. 10865; Cass., Sez. 2, 3 dicembre 1999, n. 13504; Cass., Sez. 2, 26 novembre 2004, n. 22294).
Occorre comunque evidenziare come, nel caso di specie, il giudice abbia rilevato che l’amministratore non solo non aveva informato la compagine condominiale della notifica dell’atto di citazione, ma non si era neppure premurato di conferire mandato ad un legale per la costituzione in giudizio sicché il condominio era rimasto contumace ed il giudice ancora il grave inadempimento ad entrambi gli aspetti richiamando, infatti, il combinato disposto di cui agli artt. 1129 e 1131 c.c..

Fonte: https://www.condominioweb.com/revoca-giudiziale-amministratore-per-impugnativa-delibera.16713

Bar troppo rumoroso, decide il giudice come impedire le immissioni intollerabili Quando il bar è troppo rumoroso, non è detto che debba essere chiuso; può decidere il giudice come limitare i rumori facendo proseguire l'attività.

Bar troppo rumoroso, decide il giudice come impedire le immissioni intollerabili

Quando il bar è troppo rumoroso, non è detto che debba essere chiuso; può decidere il giudice come limitare i rumori facendo proseguire l’attività.

A norma dell’art. 844, primo comma c.c. il proprietario di un fondo non può impedire in ogni caso le immissioni di fumo, calore, scuotimento o rumore provenienti dal fondo attiguo, ma può intimare l’interruzione della produzione rumorosa quando la stessa superi il limite della normale tollerabilità.
Così dispone l’art. 844 c.c.:Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso“.
Dalla sola lettura della norma si evince che la valutazione da effettuare è a sé, dipendendo dal caso concreto e dalle circostanze dei luoghi.
 
Il limite della normale tollerabilità delle immissioni rumorose”non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale , variabile da luogo a luogo , secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (cd. criterio comparativo), sicché la valutazione diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, alla situazione locale, appropriatamente e globalmente considerata” (Cass. civ. n. 28201/2018).
Questo accertamento si fonda sul criterio della normale tollerabilità sancita dal primo comma dell’art. 844 c.c., bilanciato con il criterio di contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà e la priorità d’uso, di cui al secondo comma della stessa disposizione normativa.
Il giudice quindi effettua una valutazione complessiva della situazione e degli interessi in gioco, emettendo di conseguenza i provvedimenti che ritiene maggiormente idonei.
Questi sono i principi sanciti di recente dalla Suprema Corte con l’ordinanza n. 2757 del 08.02.2020
Nel caso di specie la vertenza nasce dall’attività di un bar ritenuto troppo rumoroso; in ragione di ciò, sin dal primo grado di giudizio è stata dettata tutta una serie di accorgimenti e adempimenti al fine di cessare le immissioni in questione, soprattutto il divieto di accesso degli avventori del bar alla parte pergolata scoperta a partire dalle ore 24.00
Questa decisione è stata confermata in appello nonché in cassazione dove si è constatata la correttezza del ragionamento dei giudici di merito
Queste le osservazioni su cui si fonda la pronuncia: “… Come è stato già affermato da questa Corte (Cass. n. 1069 del 2017), in materia di immissioni sonore, mentre è senz’altro illecito il superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalla normativa rilevante in materia, l’eventuale rispetto degli stessi non può far considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all’art. 844 c.c.
Invero, se le emissioni acustiche superano, per la loro particolare intensità e capacità diffusiva, la soglia di accettabilità prevista dalla normativa a tutela di interessi della collettività, a maggior ragione le stesse, ove si risolvano in immissioni nell’ambito della proprietà del vicino, devono per ciò solo considerarsi intollerabili ai sensi dell’art. 844 c.c., e, pertanto, illecite, anche, sotto il profilo civilistico.
L’eventuale rispetto dei limiti previsti dalla legge non può, tuttavia, fare considerare senz’altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi in relazione alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia da quel complesso di suoni di origine varia e spesso non identificabile, continui e caratteristici del luogo, sui quali vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo).
Spetta, peraltro, al giudice di merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell’ambito della normale tollerabilità (Cass. n. 887 del 2011).
Il ricorso del bar era stato presentato principalmente per ottenere l’imposizione di diversi accorgimenti atti a ampliare gli orari di accesso all’area aperta.
Sulla scorta dei sopra indicati principi, la Suprema Corte ha concluso che:
– poiché l’incidenza della rumorosità deve essere valutata in termini maggiori nella fase notturna, è corretto che il giudice di merito abbia concesso l’utilizzazione degli spazi esterni al locale ad orari che non sono destinati al riposo o in cui le esigenze di tranquillità degli occupanti della vicina abitazione possono ragionevolmente cedere alle opposte esigenze di tipo ricreativo;
– la domanda di cessazione delle immissioni che superino la normale tollerabilità non vincola necessariamente il giudice ad adottare una misura determinata, ben potendo egli ordinare l’attuazione di quegli accorgimenti che siano concretamente idonei ad eliminare la situazione pregiudizievole (cfr. Cass. 5 agosto 2011 n.17051; Cass. 17 gennaio 2011 n. 887; Cass. 21 novembre 1973, n. 3138)
– indipendentemente dalla domanda formulata dal ricorrente, spetta al giudice determinare nel concreto le misure necessarie ed idonee a far rientrare l’attività nella sfera del lecito.
Nel caso di specie, la Corte di merito, alla luce delle risultanze istruttorie (prova testimoniale) che hanno confermato l’intollerabilità delle immissioni provenienti in forma costante e nella fascia notturna dall’attività in questione, ha ritenuto di dover convalidare le prescrizioni adottate dal giudice di prime cure, anche quelle integrative, in quanto, solo nel loro complesso, misure concretamente idonee ad eliminare la situazione di pregiudizio.
=> No al condizionatore rumoroso installato da uno dei condomini sul terrazzo comune
Si ricorda che in quest’ambito possono venire in rilievo anche disposizioni amministrative e/o penali
La legge di Bilancio 2019 ha aggiunto un comma all’articolo 6 ter del Dl 208/2008 in tema di tollerabilità del rumore per le attività economiche. Il riferimento non è più solo l’art. 844 c.c. ma anche lalegge 447/95 (c.d. «legge quadro sull’inquinamento acustico»).
Dal 2019 in caso di un controversia, il giudice deve utilizzare i parametri dei decreti attuativi della legge 447/95, parametri che variano in base al tipo di sorgente sonora. Per le immissioni rumorose, il criterio è dei tre decibel.
L’art. 10, comma 2, della legge 26 ottobre 1995, n. 447 (cd. legge quadro sull’inquinamento acustico) prevede un’ipotesi di illecito amministrativo nel caso in cui “nell’esercizio o nell’impiego di una sorgente fissa o mobile di emissioni sonore” si superino “i valori limite di emissione o di immissione ” fissati in conformità al disposto dell’art. 3, comma 1, lettera a) della stessa legge.
Ogni Comune tendenzialmente ha un proprio “Regolamento per la disciplina delle attività rumorose “, che disciplina le competenze comunali in materia di inquinamento acustico, stabilendo altresì in quali orarideve essere garantito il silenzio.
Infine, “chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’Autorità” può incorrere nel reato di cui all’art. 659 c.p. , qualora ne ricorrano i presupposti (Cass. Penale 20 giugno 2016, n. 25424).

Fonte: https://www.condominioweb.com/bar-troppo-rumoroso-chi-decide.16708

LO SCHEMA CON LE VECCHIE PENE E LE NUOVE SANZIONI- Depenalizzati alcuni reati

LO SCHEMA CON LE VECCHIE PENE E LE NUOVE SANZIONI
REATO VECCHIA PENA NUOVA SANZIONE
DEPENALIZZAZIONI DI REATI PREVISTI NEL CODICE PENALE
REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA
Falsità in scrittura privata (Art. 485) Reclusione da 6 mesi a 3 anni Sanzione civile da 200 a 12.000 €
Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato (Art. 486) Reclusione da 6 mesi a 3 anni Sanzione civile da 200a 12.000 €
Falsità su un foglio firmato in bianco diverse da quelle previste dall’articolo 486. Atto Disposizioni sulle falsità materiali in scritture private Sanzione civile da 200a 12.000 €
Uso di atto falso. Atto privato(Art. 489, co. 2) Disp. sulle falsità materiali in scritture priv. con pene ridotte di un terzo Sanzione civile da 200a 12.000 €
Soppressione, distruz. e occultam. di scritture private vere (Art. 490) Pene stabilite negli articoli 476, 477, 482 e 485 Sanzione civile da 200a 12.000 €
REATI CONTRO LA MORALITÀ E IL BUON COSTUME
Atti osceni (Art. 527, co. 1) Reclusione da 3 mesi a 3 anni Sanzione amministrativada 5.000 a 30.000 €
Pubblicazioni e spettacoli osceni (Art. 528, co. 1 e 2) Reclusione da 3 mesi a 3 anni e multa non inferiore a 103 € Sanzione amministrativada 10.000 a 50.000 €
REATI CONTRO LA PERSONA
Ingiuria (Articolo 594) Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a 516 € – Reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1.032 € (con attribuzione di fatto determinato) Sanzione civile da 100 a 8.000 € – Sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 € (con attribuzione di fatto determinato o commesso in presenza di più persone)
REATI CONTRO IL PATRIMONIO
Sottrazione di cose comuni (Art. 627) Reclusione fino a 2 anni o multa da 20 a 206 € Sanzione civile da 100 a 8.000 €
Danneggiamento semplice(Art. 635, co. 1) Reclusione fino a 1 anno o multa fino a 309 € Sanzione civile da 100 a 8.000 €
Appropriazione di cose smarrite, del tesoro o di cose avute per errore o caso fortuito (Art. 647) Reclusione fino a 1 anno o multa da 30 a 309 € Sanzione civile da 100 a 8.000 €
CONTRAVVENZIONI DI POLIZIA
Rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto(Art. 652 commi 1-2) Arresto fino a 3 mesi o ammenda fino a 309 € – Arresto da 1 a 6 mesi ovvero ammenda da euro 30 a 619 € (in caso di informazioni o indicazioni mendaci) Sanzione amm.va da 5.000 a 15.000 € – Sanzione amministrativa da 6.000 a 18.000 € (in caso di informaz. o indicazioni mendaci)
Abuso della credulità popolare(Art. 661) Arresto fino a 3 mesi o ammenda fino a 1.032 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 €
Rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive(Art. 668, co. 1, 2 e 3) Arresto fino a 6 mesi o ammenda fino a 309 € – Pena pecuniaria e detentiva sono applicate congiuntamente (se contro divieto autorità) Sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 € – Sanzione amm.va da 10.000 a 30.000 € (se contro divieto autorità)
Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio (Art. 726) Ammenda da 258 a 2.582 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 €
DEPENALIZZAZIONI DI REATI PREVISTI DA LEGGI SPECIALI
REATI IN MATERIA DI STUPEFACENTI
Mancato rispetto dell’autorizzazione alla coltivazione di stupefacenti per uso terapeutico (art. 28, co. 2 del Dpr 309/1990) Ammenda da 516 a 5.164 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 €
REATI IN MATERIA DI PREVIDENZA
Omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali(Art. 2 del Dl 463/1983) Reclusione fino a 3 anni e multa fino a 1.032 € Reclusione fino a 3 anni e multa fino a 1.032 € (se l’importo omesso è superiore a 10.000 € annui) – Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 € (se l’importo omesso è inferiore a 10.000 € annui)
REATI IN MATERIA DI CIRCOLAZIONE STRADALE
Guida senza patente (Art. 116, co. 15, del Dlgs 285/1992) Ammenda da 2.257 a 9.032 Sanzione amministrativada 5.000 a 30.000 €
RICICLAGGIO
Omessa identificazione (Art. 55, com. 1, del Dlgs 231/2007) Multa da 2.600 a 13.000 € Sanzione amministrativada 5.000 a 30.000 €
Omessa registrazione (Art. 55, co. 4, del Dlgs 231/2007) Multa da 2.600 a 13.000 € Sanzione amministrativada 5.000 a 30.000 €
REATI IN MATERIA DI DIRITTO SOCIETARIO
Impedito controllo ai revisori(Art. 29 del Dlgs 39/2010) Ammenda fino a 75.000 € Sanzione amministrativada 10.000 a 50.000 €
REATI IN MATERIA DI DIRITTO FALLIMENTARE
Omessa trasmissione dell’elenco dei protesti cambiari da parte del pubblico ufficiale (Art. 235 del Rd 267/1942) Ammenda fino a 258 € Sanzione amministrativada 5.000 a 10.000 €
REATI IN MATERIA DI ASSEGNI
Emissione di assegno da parte dell’Istituto non autorizzato o con autorizzazione revocata (Art. 117 del Rd 1736/1933) Pena pecuniaria da 5 a 51 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 €
REATI IN MATERIA DI INTERRUZIONE DELLA GRAVIDANZA
Interruzione volontaria della propria gravidanza senza l’osservanza delle modalità indicate dalla legge (Art. 19, co. 2, della legge 194/1978) Multa fino a 51 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 €
REATI IN MATERIA DI PUBBLICA SICUREZZA
Violazione delle norme per l’impianto e l’uso di apparecchi radioelettrici privati (Art. 11 del Rd 234/1931) Ammenda da 20 a 200 € o arresto fino a 2 anni Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 €
REATI IN MATERIA DI DIRITTO D’AUTORE
Abusiva concessione in noleggio(Art. 171-quater del legge 633/1941) Arresto sino a 1 anno o ammenda da 516 a 5.164 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 30.000 €
REATI IN MATERIA DI GUERRA
Omissione di denuncia di beni(Art. 3 del decreto legislativo luogotenenziale 506/1945) Arresto non inferiore nel minimo a 6 mesi o ammenda non inferiore a 1.032 €- Arresto non inferiore a 3 mesi o ammenda non inferiore a 516 € Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 € – Sanzione amministrativa da 10.000 a 30.000€
REATI IN MATERIA DI MACCHINE UTENSILI
Alterazione del contrassegno di macchine (Art. 15 della L. 1329/1965) Ammenda da 77 a 310 € o arresto fino a 3 mesi Sanzione amministrativa da 5.000 a 15.000 €
REATI IN MATERIA DI COMMERCIO
Installazione o esercizio di impianti Arresto da 2 mesi a 2 anni o ammenda da 51 a 516 € Sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 €
REATI IN MATERIA DI CONTRABBANDO E VIOLAZIONI DOGANALI
Contrabbando nel movimento delle merci attraverso i confini di terra e gli spazi doganali (Art. 282 del Dpr 43/73) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nel movimento delle merci nei laghi di confine (Art. 283 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nel movimento marittimo delle merci (Art. 284 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nel movimento delle merci per via aerea (Art. 285 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nelle zone extra-doganali (Art. 286 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine
Contrabbando per indebito uso di merci importate con agevolazioni doganali (Art. 287 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nei depositi doganali(Art. 288 del Dpr 43/1973) Multa non minore di 2 e non maggiore di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nel cabotaggio e nella circolazione (Art. 289 del Dpr 43/73) Multa non min. di 2 e non magg. di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nell’esportazione di merci ammesse a restituzione di diritti (Art. 290 del Dpr 43/1973) Multa non minore di due e non maggiore di dieci volte l’ammontare dei diritti che indebitamente ha riscosso o tentava di riscuotere Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Contrabbando nell’importazione od esportazione temporanea (Art. 291 del Dpr 43/1973) Multa non min. di 2 e non magg. di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Altri casi di contrabbando (Art. 292 del Dpr 43/1973) Multa non min. di 2 e non magg. di 10 volte i diritti di confine Sanzione amministrativa da 5.000 a 50.000 €
Pena per il contrabbando in caso di mancato o incompleto accertamento dell’oggetto del reato (Art. 294 del Dpr 43/1973) Multa fino a 258 € Sanzione amministrativa da 5.000 a 10.000 €

Nuovo attestato di rischio Rc

Il mondo dell’Rc auto sta cambiando: niente più attestati di rischio spediti a casa dell’assicurato, niente più contrassegni della polizza da esporre sul parabrezza. Ora tutto passa sul web e sarà visionabile dal proprietario del mezzo semplicemente collegandosi a internet da casa.
Non solo. La polizia potrà utilizzare i vecchi mezzi di rilevazione automatica delle infrazioni al codice della strada, come autovelox, photored e telelaser, per controllare la regolare copertura assicurativa dell’auto.
Sono questi gli effetti della definitiva attuazione del Decreto Cresci Italia del 2012 [1] e solo ora in fase di definitiva attuazione.
 
Lo stop agli attestati di rischio cartacei scatterà a partite dal prossimo 1° luglio, mentre tempi più lunghi ci vorranno per la dematerializzazione dei contrassegni assicurativi per i quali è stato previsto uno slittamento al 18 ottobre.
 
Le misure sono anche previste per contrastare le frodi assicurative: in questo modo, infatti, da un lato la nuova compagnia ricaverà da sé l’attestato di rischio, consultando la banca dati Ania, che quindi avrà valenza ufficiale; dall’altro lato i contrassegni esposti sul parabrezza non si esporranno più al pericolo di facili falsificazioni con documenti cartacei riprodotti artificiosamente, così come oggi spesso succede.
 
L’attestato di rischio telematico conterrà non più solo il nome del contraente, ma anche quello del proprietario del mezzo. Così dovrebbe essere più difficile “barare”, per esempio dichiarando che il contraente risiede in una provincia dove si paga meno. Stiamo parlando di quel documento fondamentale per assicurarsi (in sostanza è la carta d’identità del guidatore) che è indispensabile quando si decide di cambiare compagnia: permette infatti di conoscere, oltre alla classe di merito, anche quanti incidenti si sono fatti negli anni e dando indicazioni su che genere di guidatore uno sia.

In pratica

Nella sostanza, dal primo di giugno (termine ultimo concesso alle compagnie per popolare la banca dati degli attestati con riferimento ai contratti in scadenza al primo luglio), gli assicurati interessati da quelle scadenze non riceveranno più l’attestato cartaceo ma avranno la possibilità di conoscere la propria posizione accedendo nell’area a loro riservata nel sito web della compagnia di assicurazione che ha prestato la copertura.
Inoltre, è fatto obbligo alle imprese di mettere a disposizione del cliente, su richiesta, una ulteriore modalità informativa telematica (e-mail, sms, messenger), tra quelle offerte.
Di conseguenza, per la successiva stipula del contratto di assicurazione presso la stessa o altra impresa non sarà più necessario consegnare il documento cartaceo poiché alle compagnie di assicurazione, e ai relativi intermediari, sarà fatto obbligo di accedere alla banca dati degli attestati per rilevare direttamente la classe di merito da applicare al contratto.
Una grande novità rispetto al passato. In passato, infatti, l’utente che non riceveva a casa l’attestato doveva attendere, talvolta anche per lungo tempo, la soluzione del problema presentando un reclamo e se nel frattempo voleva comunque assicurarsi doveva corrispondere il premio relativo alla classe di massima penalizzazione, salvo poi a richiedere il rimborso del premio corrisposto in più, che veniva però rimborsato al netto dell’imposta sulle assicurazioni che rimane nelle casse dell’Erario.
fonte http://www.laleggepertutti.it/86342_attestati-di-rischio-e-contrassegni-auto-telematici

Decreto di non punibilità per tenuità del fatto

Con l’entrata in vigore del decreto legislativo [1] sulla non punibilità del reato per “tenuità del fatto”, per i reati puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a 5 anni, o puniti con pena pecuniaria sola o congiunta alla pena detentiva il giudice potrà disporre l’archiviazione del procedimento a condizione che, nel caso concreto venga accertata:
– un’offesa di particolare tenuità, per le modalità della condotta e per l’esiguità del danno o del pericolo. Ciò non ricorre nei casi di: motivi abbietti o futili; crudeltà, anche in danno di animali; sevizie; minorata difesa della vittima, anche in base all’età; morte o lesioni gravissime;
– un comportamento non abituale. L’abitualità è esclusa in caso di delinquenza abituale, professionale o per tendenza; reati della stessa indole; reati aventi ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Impropriamente qualcuno parla di “depenalizzazione”: in realtà, il fatto resta sempre qualificato da una norma penale e continua ad assumere valenza penale. L’unica differenza rispetto al passato (differenza di non poco conto) è che, da ora, valutate le condizioni sopra elencate, il magistrato non procederà più alla punizione del colpevole che, pertanto, non subirà la sanzione della reclusione o quella pecuniaria .
Ecco dunque la lunga lista [2] di quei reati che rientrano nelle previsioni della riforma e per i quali, quindi, da oggi in poi, si procederà alla non punizione.
Articolo Reato Pena edittale
DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
316 Peculato mediante profitto dell’errore altrui Reclusione da 6 mesi a 3 anni
316-bis Malversazione a danno dello Stato Reclusione da 6 mesi a 4 anni
316-ter Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato Reclusione da 6 mesi a 3 anni
318 Corruzione per l’esercizio della funzione Reclusione da 1 a 5
323 Abuso di ufficio Reclusione da 1 a 4
325 Utilizzazione d’invenzioni o scoperte conosciute per ragione d’ufficio Reclusione da 1 a 5 anni e multa non inferiore a euro 516
326 Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio Reclusione da 6 mesi a 3 anni
328 Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione Reclusione da 6 mesi a 2 anni
331 Interruzione di un servizio pubblico o di pubblica necessità Reclusione da 6 mesi a 1 anno e multa non inferiore a euro 516
334 Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel
corso di un procedimento penale o dall’autorità amministrativa Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 51 a euro 516
336 Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. Reclusione da 6 mesi a 5 anni
337 Resistenza a un pubblico ufficiale Reclusione da 6 mesi a 5 anni
340 Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di
pubblica necessità Reclusione fino a 1 anno
341-bis Oltraggio a pubblico ufficiale Reclusione fino a 3 anni
343 Oltraggio a un magistrato in udienza Reclusione fino a 3 anni
346 Millantato credito Reclusione da 1 a 5 anni e multa da euro 309 a euro 2.065
346-bis Traffico di influenze illecite Reclusione da uno a 3 anni
347 Usurpazione di funzioni pubbliche Reclusione fino a 2 anni
348 Abusivo esercizio di una professione Reclusione fino a 6 mesi o multa da euro 103 a euro 516
349 Violazione di sigilli Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 103 a euro 1.032
351 Violazione della pubblica custodia di cose Reclusione da uno a 5 anni
353 Turbata libertà degli incanti Reclusione da 6 mesi a 5 anni e multa da euro 103 a euro 1.032
353-bis Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente Reclusione da 6 mesi a 5 anni e multa da euro 103 a euro 1.032
356 Frode nelle pubbliche forniture Reclusione da 1 a 5 anni e multa non inferiore a euro 1.032
DELITTI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
361 Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale Reclusione fino ad 1 anno
363 Omessa denuncia aggravata Reclusione da 6 mesi a 3 anni
364 Omessa denuncia di reato da parte del cittadino Reclusione fino a 1 anno o multa da euro 103 a euro 1.032
367 Simulazione di reato Reclusione da 1 a 3 anni
369 Autocalunnia Reclusione da 1 a 3 anni
371 Falso giuramento della parte Reclusione da 6 mesi a 3 anni
371-bis False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte
penale internazionale Reclusione fino a4 anni
371-ter False dichiarazioni al difensore Reclusione fino a4 anni
374 Frode processuale Reclusione da 6 mesi a 3 anni
378 Favoreggiamento personale Reclusione fino a 4 anni
379 Favoreggiamento reale Reclusione fino a 5 anni
380 Patrocinio o consulenza infedele Reclusione da 1a 3 anni e con la multa non inferiore a euro 516
381 Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa non inferiore a euro 103
385 Evasione Reclusione da 1 a 3 anni
386 Procurata evasione Reclusione da 6 mesi a 5 anni
388 Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice Reclusione fino a 3 anni o multa da euro 103 a euro 1.032
390 Procurata inosservanza di pena Reclusione da 3 mesi a 5 anni
391 Procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive Reclusione fino a 2 anni
392 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose Multa fino a euro 516
393 Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone Reclusione fino a 1 anno
DEI DELITTI CONTRO L’ORDINE PUBBLICO
414 Istigazione a delinquere Reclusione da 1 a 5 anni
414-bis Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia Reclusione da 1 anno e 6 mesi a 5 anni
415 Istigazione a disobbedire alle leggi Reclusione da 6 mesi a 5 anni
418 c.. 1 Assistenza agli associati Reclusione da 2 a 4 anni
420 Attentato a impianti di pubblica utilità Reclusione da 1 a 4 anni
DEI DELITTI CONTRO L’INCOLUMITÀ PUBBLICA
432 Attentati alla sicurezza dei trasporti Reclusione da 1 a 5 anni
433 Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas
ovvero delle pubbliche comunicazioni Reclusione da 1 a 5 anni
434 Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi Reclusione da 1 a 5 anni
435 Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti Reclusione da 1 a 5 anni
437 Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro Reclusione da 6 mesi a 5 anni
443 Commercio o somministrazione di medicinali guasti Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa non inferiore a euro 103
444 Commercio di sostanze alimentari nocive Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa non inferiore a euro 51
445 Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica Reclusione da 6 mesi a 2 anni e multa da euro 103 a euro 1.032
451 Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul
lavoro Reclusione fino a 1 anno o multa da euro 10 a euro 516
DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA
454 Alterazione di monete Reclusione da 1 a 5 anni e multa da euro 103 a euro 516
455 Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete
falsificate Reclusione da 1 a 5 anni e multa da euro 103 a euro 516 ridotte da un
terzo alla metà
457 Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a euro 1.032
464 Uso di valori di bollo contraffatti o alterati Reclusione fino a 3 anni e multa fino a euro 516
473 Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere
dell’ingegno o di prodotti industriali Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 2.500 a euro 25.000
474 Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi Reclusione da 1 a 5 anni e multa da euro 3.500 a euro 35.000
477 Falsità materiale commessa da pubblico ufficiale in certificati o
autorizzazioni amministrative Reclusione da 6 mesi a 3 anni
478 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di
atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti Reclusione da 1 a 4 anni
480 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in
autorizzazioni amministrative Reclusione da 3 mesi a 2 anni
481 Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un
servizio di pubblica necessità Reclusione fino a 1 anno o multa da euro 51 a euro 516
482 Falsità materiale commessa dal privato Reclusione da 6 mesi a 3 anni ridotta di un terzo
483 Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico Reclusione fino a 2 anni
484 Falsità in registri e notificazioni Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a euro 309
485 Falsità in scrittura privata Reclusione
Articolo Reato Pena edittale
486 Falsità in foglio firmato in bianco. Atto privato Reclusione da 6 mesi a 3 anni
487 Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico Reclusione da 3 mesi a 2 anni
490 Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri Reclusione da 6 mesi a 3 anni
491 Documenti equiparati agli atti pubblici agli effetti della pena Reclusione da 6 mesi a 3 anni ridotta di un terzo
494 Sostituzione di persona Reclusione fino a 1 anno
495-bis Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica
sull’identità o su qualità personali proprie o di altri Reclusione fino ad 1 anno
496 False dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di
altri Reclusione da 1 a 5 anni
DEI DELITTI CONTRO L’ECONOMIA PUBBLICA, L’INDUSTRIA E IL COMMERCIO
500 Diffusione di una malattia delle piante o degli animali Reclusione da 1 a 5 anni
501 Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle
borse di commercio Reclusione fino a 3 anni e multa da euro 516 a euro 25.822
501-bis Manovre speculative su merci Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 516 a euro 25.822
513 Turbata libertà dell’industria o del commercio Reclusione fino a 2 anni e multa da euro 103 a euro 1.032
515 Frode nell’esercizio del commercio Reclusione fino a 2 anni o multa fino a euro 2.065
516 Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a euro 1.032
517 Vendita di prodotti industriali con segni mendaci Reclusione fino a 2 anni e multa fino a euro 20.000
517-ter Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di
proprietà industriale Reclusione fino a 2 anni e multa fino a euro 20.000
517-quater Contraffazione di indicazioni geografiche denominazioni di origine dei
prodotti agroalimentari Reclusione fino a 2 anni e multa fino a euro 20.000
DEI DELITTI CONTRO LA MORALITÀ PUBBLICA E IL BUON COSTUME
527 Atti osceni Reclusione da 3 mesi a 3 anni
528 Pubblicazioni e spettacoli osceni Reclusione da 3 mesi a 3 anni e multa non inferiore a euro 103
DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA
570 Violazione degli obblighi di assistenza familiare Reclusione fino a 1 anno o multa da euro 103 a euro 1.032
571 c. 1 Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina Reclusione fino a 6 mesi
573 Sottrazione consensuale di minorenni Reclusione fino a 2 anni
574 Sottrazione di persone incapaci Reclusione da 1 a 3 anni
574-bis Sottrazione e trattenimento di minori all’estero Reclusione da 1 a 4 anni
DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA
581 Percosse Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a euro 309
581 Lesione personale (lieve) Reclusione da 3 mesi a 3 anni
588 c. 1 Rissa Multa fino a euro 309
590 Lesioni personali colpose (escluse le lesioni gravissime) Reclusione da 1 a 6 mesi o multa da euro 123 a euro 619
591 c. 1 Abbandono di persone minori o incapaci. Reclusione da 6 mesi a 5 anni
593 Omissione di soccorso Reclusione fino a 1 anno o multa fino a 2.500 euro
594 Ingiuria Reclusione fino a 1 anno o multa fino a euro 1.032
595 Diffamazione Reclusione fino a 2 anni, ovvero multa fino a euro 2.065
596-bis Diffamazione col mezzo della stampa Reclusione fino a 1 anno o multa fino a euro 1.032
600-quater Detenzione di materiale pornografico Reclusione fino a 3anni e multa non inferiore a euro 1.549 [diminuita di
un terzo] 600-octies Impiego di minori nell’accattonaggio Reclusione fino a 3 anni
610 Violenza privata Reclusione fino a 4 anni
611 Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato Reclusione fino a 5 anni
612 Minaccia Multa fino a euro 1.032
614 Violazione di domicilio Reclusione da 6 mesi a 3 anni
615 Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale Reclusione da 1 a 5 anni
615-bis Interferenze illecite nella vita privata Reclusione da 6 mesi a 4 anni
615-ter Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico Reclusione da 1 a 5 anni
615-quater Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi
informatici o telematici Reclusione da 1 a 2 anni e multa da 5.164 a 10.329 euro
615-quinquies Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici
diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico Reclusione fino a 2 anni e multa sino a 10.329 euro
616 Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza Reclusione fino a 1 anno o multa da 30 a 516 euro
617 Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o
conversazioni telegrafiche o telefoniche Reclusione da 6 mesi a 4 anni
DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
624 Furto (semplice) Reclusione da 6mesi a 3 anni
627 Sottrazione di cose comuni Reclusione fino a 2 anni o multa da 20 a 206 euro
631 Usurpazione Reclusione fino a 3 anni e multa fino a 206 euro
633 Invasione di terreni o edifici Reclusione fino a 2 anni o multa da euro 103 a euro 1.032
634 Turbativa violenta del possesso di cose immobili Reclusione fino a 2 anni e multa da euro 103 a euro 309
635 Danneggiamento Reclusione fino a 1 anno o multa fino a euro 309
635-bis Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici Reclusione da 6 mesi a 3 anni
635-ter Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati
dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità Reclusione da 1 a 4 anni
635-quater Danneggiamento di sistemi informatici o telematici Reclusione da1 a 5 anni
635-quinquies Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità Reclusione da 1a 4 anni
640 Truffa Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 51 a euro 1.032
640-ter Frode informatica Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da euro 51 a euro 1.032
640-quinquies Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di
firma elettronica Reclusione fino a 3 anni e multa da 51 a 1.032 euro
641 Insolvenza fraudolenta Reclusione fino a 2 anni o multa fino a euro 516
645 Frode in emigrazione Reclusione da 1 a 5 anni e multa da euro 309 a euro 1.032
646 Appropriazione indebita Reclusione fino a 3 anni e multa fino a euro 1.032
REATI PREVISTI DALLE LEGGI SPECIALI
FALLIMENTO (Rd 267/1942 – Legge fallimentare)
216 c. 2 Bancarotta preferenziale Reclusione da 1 a 5 anni
217 Bancarotta semplice Reclusione da 6 mesi a 2 anni
218 Ricorso abusivo al credito Reclusione da 6 mesi a 3 anni
TRIBUTI (Dlgs 74/2000 – Reati in materia di imposte sui redditi e sul
valore aggiunto)
4 Dichiarazione infedele Reclusione da 1 a 3 anni
5 Omessa dichiarazione Reclusione da 1 a 3 anni
10 Occultamento o distruzione di documenti contabili Reclusione da 6 mesi a 5 anni
10-bis Omesso versamento di ritenute certificate Reclusione da 6 mesi a 2anni
10-ter Omesso versamento di IVA Reclusione da 6 mesi a 2anni
10-quater Indebita compensazione Reclusione da 6 mesi a 2anni
11 Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte Reclusione da 6 mesi a 4 anni
SOCIETÀ (Codice civile – Libro V – Titolo XI )
2621 False comunicazioni sociali Arresto fino a 2 anni
2622 c. c. False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei
creditori Reclusione da 6 mesi a 3 anni
2633 Indebita ripartizione dei beni sociali da parte dei liquidatori Reclusione da 6 mesi a 3 anni
2634 c.c. Infedeltà patrimoniale Reclusione da 6 mesi a 3 anni
2638 c. c. Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di
vigilanza Reclusione da 1 a 4 anni
AMBIENTE (Dlgs 152/2006 – Codice dell’ambiente)
256-bis Combustione illecita di rifiuti Reclusione da 2 a 5 anni
260-bis, c. 6 Violazioni in materia di certificazioni sul Sistema informatico di
controllo della tracciabilità dei rifiuti (Sistri) Reclusione fino a 2 anni
260-bis c. 8 Copia cartacea della scheda Sistri – Area Movimentazione
fraudolentemente alterata Reclusione da 6 mesi a 3 anni / Reclusione da 6 mesi a 3 anni ridotta di
un terzo
CIRCOLAZIONE STRADALE (Dlgs 285/1992 – Codice della strada)
9-bis , c. 1 Organizzazione di competizioni non autorizzate in velocità con veicoli a
motore e partecipazione alle gare Reclusione da 1 a 3 anni e multa da 25.000 a 100.000 euro
9-bis , c. 4 Effettuare scommesse sulle gare Reclusione da 3 mesi ad 1 anno e multa da 5.000 a 25.000 euro
9-ter Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore Reclusione da 6 mesi ad 1 anno e multa da 5.000 a 20.000 euro
189 c. 6 Non fermarsi in caso di incidente con danni alle persone Reclusione da 6 mesi a 3anni
189 c. 7 Omissione di soccorso in caso di incidente con danni alle persone Reclusione da1 anno a3 anni
STUPEFACENTI (Dpr 309/1990 – Tu stupefacenti)
73 c, 5 Spaccio di lieve entità Reclusione da 6 mesi a 4 anni e multa da 1.032 a 10.329 euro
79 c. 1° Agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope Reclusione da 1 a 4 anni e multa da euro 3.000 ad euro 26.000
ARMI (Rd 773/1931 – Tu leggi pubblica sicurezza; Legge 110/1975 –
Disciplina armi)
28 (Tulps) Fabbricazione, assemblaggio, raccolta, detenzione, vendita,
importazione, esportazione e trasporto di armi da guerra e di altre armi
senza licenza del ministro per l’interno Reclusione da 1 a 3 anni e multa da 3.000 a 30.000 euro
3 (armi) Alterazione di armi Reclusione da 1 a 3 anni e multa da 309 a 2065 euro
10 c. 10 (armi) Collezione di armi comuni da sparo Reclusione da 1 a 4 anni e multa da 1.500 a 10.000 euro
24 (armi) Divieto di fabbricazione di esplosivi non riconosciuti Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 206 a 1.032 euro
25 (armi) Inosservanza dell’obbligo di registro delle operazioni giornaliere Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa da 206 a 2.065 euro
28 (armi) Responsabilità nell’impiego di esplosivi Reclusione da 3 mesi a 1 anno e multa da 103 a 1.032 euro
IMMIGRAZIONE (Dlgs 286/1998 – T u sull’immigrazione)
12 c. 1 Favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina Reclusione da 1 a 5 anni e multa di 15.000 euro per ogni persona
12 c. 5 Favoreggiamento della permanenza illegale Reclusione fino a 4 anni e multa fino a 15.000 euro
12 c. 5-bis Fornitura di alloggio e contratti abitativi contra legem Reclusione da 6 mesi a 3 anni
13 c. 13 e 13-bis Divieto di reingresso dopo l’espulsione Reclusione da 1 a 4 anni
22 c. 12 Assunzione di un lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa di 5.000 euro per ogni lavoratore
impiegato
24 c. 6 Assunzione di un lavoratore straniero privo del permesso di soggiorno
per lavoro stagionale Reclusione da 6 mesi a 3 anni e multa di 5.000 euro per ogni lavoratore
impiegato
SPORT (legge 401/1989 Scommesse e manifestazioni sportive; legge
376/2000 Doping)
1 Frode in competizioni sportive Reclusione da 1 mese ad 1 anno e multa da 258 a 1.032 euro
9 (Doping) Divieto di doping Reclusione da 3 mesi a 3 anni e multa da 2.582 a 516.460 euro
fonte www.laleggepertutti.it

Decreti ingiuntivi con interessi maggiorati

Interessi per le transazioni commerciali, dopo la riforma del decreto legge 132/14, anche in caso di ricorso monitorio: è pur sempre una normale domanda giudiziale.

Arrivano le prime applicazioni della recente riforma della giustizia [1]: dopo che la legge ha aumentato i tassi di interesse da ritardato pagamento, per dissuadere quanti intraprendono le cause al solo fine di “allungare i tempi”, ecco un interessante provvedimento del tribunale di Milano [2] che non farà felici quanti si sono visti notificare, in questi giorni, un decreto ingiuntivo (o stanno per riceverlo). Ma procediamo con ordine. Con le recenti novità introdotte a fine dello scorso anno, il processo civile è stato interessato da una serie di misure volte a impedire le strumentalizzazioni della giustizia. Una di queste è l’aumento del saggio di interessi che il giudice deve applicare, in sentenza, nei confronti della parte soccombente. In buona sostanza, dal 2015, chi perde la causa, oltre a dover pagare le somme richieste dalla controparte, dovrà corrisponderle anche gli interessi “maggiorati”: ossia quelli previsti per le transazioni commerciali (misura che viene, di volta in volta, determinata semestralmente dal Ministero dell’Economia e che per i primi sei mesi del 2015 è pari a 8,05%). Questa misura comunque scatta solo se tra le parti non era stato siglato un accordo con la previsione di un diverso tasso di interessi
La pronuncia in commento ha il merito di chiarire la portata di questa nuova norma che, secondo il tribunale di Milano, non si applica solo alle cause “normali”, ma anche ai ricorsi per decreto ingiuntivo, posto che anche quest’ultimo procedimento è qualificabile come una normale domanda giudiziale [3]. Ne consegue che, anche alla richiesta rivolta ad ottenere una ingiunzione di pagamento può essere applicato il cosiddetto “interesse maggiorato”: pertanto se le parti non hanno determinato la misura degli interessi, dal momento in cui è depositato il ricorso per decreto ingiuntivo, il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali [4].
Come si calcola l’interesse maggiorato?
Si deve prendere a riferimento il saggio di interesse comunicato nel quinto giorno di ogni semestre dal ministero dell’Economia, attraverso la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. A questo saggio va aggiunto 8.
Attualmente il tasso Bce è sceso a 0,05 per cento, più la maggiorazione di 8 dà come risultato il saggio dell’8,05 (nello scorso semestre era 8,15).

[1] DL n. 132/14.
[2] Trib. Milano decr. del 13.02.2015.
[3] Cass. sent. n. 951/13.
[4] Art. 4 e 5 D.lgs. n. 231/2012.
 

Fonte: http://www.laleggepertutti.it/78793_decreti-ingiuntivi-con-interessi-maggiorati#sthash.tKTUURzN.dpuf

DDL Concorrenza

770 2015

Modello 770 ordinario e semplificato 2015

Modello 770 ordinario e semplificato 2015

 L’Agenzia delle Entrate pubblica il Modello 770/2015 semplificato e ordinario: sostituti d’imposta tenuti alla presentazione, termini, istruzioni.

770 2015
Pronti i modelli di dichiarazione fiscale per i sostituti d’imposta, ovvero il Modello 770/2015 ordinario e semplificato, per comunicare al Fisco le ritenute operate nel 2014: li ha pubblicati in versione definitiva l’Agenzia delle Entrate, insieme agli altri modelli per le dichiarazioni 2015. Vediamo chi è tenuto alla compilazione, modalità e termini, ricordando che ci sono sostituti che presentano sia il modello 770 semplificato sia quello ordinario e altri che invece presentano solo uno dei due modelli

Il Modello 770/2015 semplificato

Il Modello 770/2015 semplificato è quello che presentano i sostituti d’imposta per le ritenute sul lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, indennità di fine rapporto, prestazioni in forma di capitale erogate da fondi pensione, redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, contributi assistenziali e previdenziali. Va trasmesso in forma esclusivamente telematica entro il 31 luglio 2015.
Devono presentare il 770 semplificato anche:

  • i soggetti che hanno corrisposto somme e valori per i quali non è prevista l’applicazione delle ritenute alla fonte ma che sono assoggettati alla contribuzione INPS, ad esempio le aziende straniere che occupano lavoratori italiani all’estero assicurati in Italia (che compilano l’apposito riquadro previsto per l’INPS nella parte C relativa alle “Comunicazioni dati certificazioni lavoro dipendente, assimilati ed assistenza fiscale”);
  • i contribuenti che hanno corrisposto compensi ad esercenti prestazioni di lavoro autonomo che hanno optato per il regime agevolato, relativo alle nuove iniziative di cui all’articolo 13 della L. 23 dicembre 2000, n. 388 e non hanno, per espressa previsione normativa, effettuato ritenute alla fonte;
  • i titolari di posizione assicurativa INAIL;
  • le Amministrazioni sostituti d’imposta comunque iscritte alle gestioni confluite nell’INPS.

Il modello 770 semplificato si compone di Frontespizio, Comunicazioni dati certificazioni lavoro dipendente, assimilati ed assistenza fiscale, Comunicazioni dati certificazioni lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi, e i prospetti SS (dati riassuntivi relativi a quelli riportati nelle comunicazioni del modello di dichiarazione), ST (ritenute alla fonte operate, trattenute di addizionali regionale IRPEF, trattenute per assistenza fiscale, imposte sostitutive, versamenti relativi alle ritenute e imposte sostitutive),  SV (trattenute di addizionali comunali IRPEF, trattenute per assistenza fiscale e relativi versamenti), SX (riepilogo crediti e compensazioni effettuate), SY (riepilogo dati relativi alle somme liquidate a seguito di procedure di pignoramento presso terzi).

Il Modello 770 ordinario

Il Modello 770 ordinario deve essere presentato dai soggetti che nel 2014 hanno corrisposto somme soggette a ritenute alla fonte su redditi di capitale, compensi per avviamento commerciale, contributi ad enti pubblici e privati, riscatti da contratti di assicurazione sulla vita, premi, vincite ed altri proventi finanziari. Anche in questo caso, trasmissione in via telematica entro il 31 luglio 2015. La dichiarazione si compone di Frontespizio e di modelli staccati, dedicati alle diverse tipologie di capitali: SF, SG, SH, SI, SK, SL, SM, SO, SP, SQ, SR, SS, ST, SV, SX.
fonte www.pmi.it

Stop pignoramenti del "quinto": con la ricerca telematica si va subito in banca

Con l’anagrafe tributaria e dei rapporti di conto corrente, è di fatto abolito il pignoramento presso il datore dilavoro o l’istituto di previdenza

Dimentichiamo i tempi in cui lo stipendio veniva pignorato fino a massimo del “quinto”. Probabilmente saranno eccezionali i casi in cui il 20% della pensione sarà trattenuto dall’Inps, su richiesta dell’ufficiale giudiziario, mentre il resto verrà regolarmente accreditato al pensionato. Le ragioni di questa rivoluzione nelle esecuzioni forzate sta in un provvedimento di legge appena approvato.
L’ultima riforma della giustizia [1] farà, indirettamente, per avvocati e creditori, il lavoro che un tempo facevano le agenzie investigative: scoprire facilmente i beni del debitore, onde valutare, già prima del pignoramento, l’eventuale convenienza dello stesso, nonché “cosa” pignorare e, soprattutto, “dove”. Come infatti abbiamo detto negli scorsi mesi, pagando un modesto supplemento di contributo unificato, sarà possibile chiedere all’ufficiale giudiziario di consultare l’anagrafe tributaria e, ancor più utile, l’anagrafe dei conti correnti, per avere accesso a tutti le informazioni utili sul soggetto inadempiente e sui suoi beni.
L’effetto è dirompente e cercheremo di spiegarlo in poche e semplici battute  Fino a ieri, quando il creditore non conosceva la banca di appoggio dello stipendio o della pensione del debitore, era costretto a notificare il pignoramento presso il suo datore di lavoro o all’Inps, affinché questi, dopo aver accantonato “il quinto” dell’emolumento mensile, invece di accreditarlo al debitore lo versassero direttamente al soggetto procedente (cosiddetto pignoramento presso terzi). In tal caso, però, il creditore doveva accontentarsi solo di “un quinto” della paga, tale essendo il limite previsto dalla legge. Con ovvie ripercussioni sui tempi per recuperare l’intera somma. Da oggi, invece, non sarà più così. Conoscendo già in partenza – con una semplice consultazione dell’anagrafe dei rapporti finanziari – il conto corrente del debitore e l’eventuale disponibilità di somme presenti sullo stesso, il creditore potrà rivolgere il pignoramento direttamente in banca o alle Poste, dove, come è noto, non vige alcun limite di “un quinto”. E ciò vale anche se ivi viene depositato solo lo stipendio e la pensione (salvo qualche sporadica interpretazione giurisprudenza). Difatti, una volta accreditati sul conto, la pensione o lo stipendio diventano integralmente pignorabili.
Risultato: il creditore potrà bloccare il 100% delle somme depositate, evitando rischi di procedure lunghe e, a volte infruttuose  Non poche volte, infatti, avveniva che, una volta ottenuto il pignoramento del quinto dello stipendio, almeno nei casi di crediti più elevati, dopo alcune mensilità, il debitore venisse licenziato o andasse in pensione. Con la necessità, anche in quest’ultimo caso, di procedere a un nuovo pignoramento. In alcuni casi, il creditore si accontentava di quello che aveva già preso e abbandonava la procedura. Il pignoramento del quinto, peraltro, presentava anche l’ulteriore problema della “fila” che spesso si crea tra più creditori: non potendo essere pignorato più di un quinto per volta (salvo alcune rare eccezioni), chi prima arriva, prima si soddisfa. Agli altri creditori intervenuti dopo non resta che accodarsi al pignoramento e sperare di ricevere il “quinto” una volta accontentato il creditore precedente. Proprio come in una fila allo sportello. Invece, con il pignoramento direttamente in banca, se il conto è capiente si potranno soddisfare contemporaneamente anche più creditori. Ovviamente, l’effetto sarà lo svuotamento del deposito. In realtà, tale situazione – che corrisponde comunque a un orientamento ormai pacificamente accettato dai giudici e dalla stessa Cassazione– finisce per discriminare chi tende a risparmiare e a conservare le somme in banca rispetto a chi, invece, le spende subito o, comunque, le conserva sotto il materasso, sottraendole così all’aggressione dei creditori. Il correttivo, da più anni invocato dalla nostra testata giornalistica, è quello di consentire al debitore di dimostrare che, sul proprio conto, affluiscano solo redditi pensionistici o da lavoro dipendente. E, in tali casi, limitare il pignoramento a un massimo di un quinto, così come avverrebbe se lo stesso venisse notificato al datore di lavoro o all’Inps. Non v’è, infatti, alcuna differenza tra la situazione in cui le somme sono nella disponibilità dell’imprenditore o dell’istituto di previdenza a quello in cui, invece, passano alla banca o alle poste. Si potrebbe così consentire al debitore di accendere un conto “ad hoc”, destinato proprio a ricevere tali emolumenti mensili, in modo da non confonderlo con eventuali ulteriori accrediti derivanti da redditi diversi.
Del resto, un’interpretazione di questo tipo non troverebbe neanche ostacolo nella legge che, nello stabilire il limite di pignoramento del “quinto” di pensione o stipendio, è volutamente generica e non fa alcun riferimento all’atto notificato (solo) al datore di lavoro o all’ente previdenziale. Difatti, il codice di procedura civile [2] stabilisce solo che “le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura” di 1/5.
Nulla vieta, dunque, di applicare tale norma anche al caso di pignoramento presso la banca.
[1] Dl 132/2014.
[2] Art. 545 cod. proc. civ.

Nuovo Regime dei mimini (2015)

Legge n. 190 del 2014 (Legge di Stabilità), commi da 54 a 89: come cambia il regime forfait dei minimi.

Sono ben 35 i commi della Legge di stabilità 2015 che disciplinano il nuovo regime forfettario dei minimi (dal comma 54 all’89). Le nuove regole si applicano alle persone fisiche (ditte individuali, imprese familiari e professionisti) con partita Iva autonoma.
In questo articolo, dopo una breve illustrazione del funzionamento del nuovo regime, riporteremo tutte le norme contenute nella legge di stabilità riferite all’istituto in oggetto.
A differenza del “vecchio” regime dei minimi, i requisiti di accesso previsti dalla nuova normativa non richiedono una particolare età anagrafica, anzianità della partita Iva e il requisito della novità dall’attività svolta. In pratica, quindi, potranno fruire del nuovo regime anche coloro che erano esclusi dall’applicazione dei regimi di favore previsti per la nuova imprenditoria giovanile [1] o i cosiddetti NIP [2].
Il precedente regime non viene comunque abrogato. Al contrario esso resta valido e viene applicato a quanti hanno aperto la partita IVA prima del 31 dicembre 2014. A tali soggetti continueranno quindi ad applicarsi le vecchie regole, fino al naturale esaurimento del regime: scadere del quinquennio o raggiungimento dei 35 anni di età. Essi non saranno interessati dall’aumento dell’imposizione (che, per come si vedrà a breve, è passata dal 5% al 15%).
Il nuovo regime forfetario è entrato in vigore il 1° gennaio 2015.
Condizione per rientrare nei minimi e ottenere il trattamento fiscale agevolato è quella di possedere i requisiti strutturali di accesso (in ogni caso costoro possono optare per il tradizionale regime ordinario o semplificato).
Rispetto al vecchio regime, sono cambiati decisamente i parametri di riferimento per l’accesso. Il limite previsto per i ricavi/compensi viene differenziato a seconda del tipo di attività. Con una forbice che va dai 15.000 euro previsti per le attività professionali e gli intermediari del commercio, ai 40.000 euro per i commercianti all’ingrosso e al dettaglio.

Semplificazioni e Iva

Ai fini Iva, il contribuente forfetario è considerato come un consumatore finale. Egli non paga l’IVA allo Stato e, quindi, non la richiede al cliente e non la incassa. Tutte le operazioni sono quindi IVA-esenti.
Può sempre svolgere l’attività di importazione ed esportazione o l’effettuazione di operazioni intra-Ue anche se, in questi casi, permane qualche adempimento agli effetti dell’Iva.
Sono inoltre previsti i seguenti benefici:

  • esonero dal versamento Iva;
  • esonero dalla registrazione delle fatture emesse;
  • esonero dalla tenuta e conservazione dei registri e dei documenti, salvo che per le fatture di acquisto e le bollette doganali;
  • esonero dalla presentazione degli studi di settore;
  • nessuna comunicazione annuale IVA, dello spesometro e della black list.

Esclusioni

  1. soggetti che si avvalgono di regimi speciali Iva;
  2. soggetti che si avvalgono di regimi forfetari di determinazione del reddito;
  3. soggetti non residenti ad eccezione di quelli residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea e in Norvegia e Islanda;
  4. soggetti che effettuano, in via esclusiva o prevalente, cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili;
  5. soggetti che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attività, a società di persone o associazioni o a società a responsabilità limitata trasparenti.

Come funziona il nuovo regime dei minimi

Vengono previsti 9 cluster che includono tutti gli attuali codici Ateco. I parametri, riferiti all’anno precedente, per accedere al regime sono:

  1. le spese per lavoratori dipendenti, collaboratori e assimilati non devono essere superiori a 5.000 euro lordi;
  2. il costo complessivo (al lordo degli ammortamenti) dei beni strumentali non deve superare i 20.000 euro. Il valore dello stock dei beni strumentali posseduti (di proprietà, in locazione, noleggio, comodato etc) va considerato al 31 dicembre dell’esercizio precedente. I beni ad uso promiscuo per l’attività e ad uso personale concorrono al computo del limite in esame nella misura del 50 per cento del valore. Non rilevano nel computo del limite i beni immobili.

I redditi conseguiti nell’attività d’impresa, dell’arte o della professione soggetti al regime forfetario devono essere prevalenti rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. La verifica della suddetta prevalenza non è, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro è cessato o la somma dei redditi d’impresa, dell’arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l’importo di 20.000 euro.
La determinazione del reddito avviene su scala forfetaria applicando la percentuale di redditività fissata dalla legge sull’ammontare complessivo annuo di ricavi o compensi incassati. Si applica, infatti, la tassazione per “cassa” e non per “competenza”.
I contributi previdenziali sono deducibili direttamente dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo.
Le percentuali di redditività previste dal Legislatore vanno da un massimo del 86% per le attività immobiliari ad un minimo del 40% per i commercianti e i servizi di alloggio e ristorazione.
Il fulcro del nuovo sistema, che lo rende apparentemente meno appetibile di quello precedente, è l’aliquota dell’imposta forfettaria che passa dal 5% (per tutti coloro che rientrano nelle vecchie regole) al 15%. Una triplicazione dell’imposizione fiscale accolta non di buon grado dal popolo delle partite Iva, sempre più in crisi.
Per la “nuova imprenditoria giovanile” l’imposta è del 5%.

Durata e fuoriuscita dal nuovo regime

Si resta dentro il nuovo regime forfetario fino a quando non si perde uno dei requisiti obbligatori richiesti o fino a quando non si decide volontariamente di uscirne.
Infatti, il regime cessa di avere efficacia a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni previste per la sua applicazione.
Il superamento del limite dei ricavi/compensi determina la fuoriuscita immediata dal regime se supera di oltre il 50% il limite massimo consentito.
Novità assoluta è quella riferita ai fini previdenziali. Per chi esercita l’attività d’impresa l’agevolazione è estesa anche all’ambito previdenziale, in quanto i contributi sono calcolati sul reddito determinato a forfait in base ai medesimi criteri individuati ai fini fiscali. Ne consegue la non applicazione, per gli iscritti alla gestione artigiani e commercianti presso l’Inps, del cosiddetto minimale di reddito (per il 2014 il reddito minimo è 15.516 euro, a cui corrispondono contributi minimi annui rispettivamente pari a 3.451,99 euro per gli artigiani e 3.465,96 per gli iscritti alla gestione dei commercianti).
A fronte del versamento ridotto dei contributi, i mesi di anzianità contributiva da accreditare sono proporzionalmente ridotti, così come già avviene per la gestione separata dell’Inps dove non esiste alcun minimale di reddito e contribuzione [3].


LE NUOVE NORME
Legge n. 190 del 2014 (Legge di Stabilità), commi da 54 a 89.

54. I contribuenti persone fisiche esercenti attivita’ d’impresa, arti o professioni applicano il regime forfetario di cui al presente comma e ai commi da 55 a 89 del presente articolo se, al contempo, nell’anno precedente:
a) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori ai limiti indicati nell’allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversi a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attivita’ esercitata;
b) hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore ad euro 5.000 lordi per lavoro accessorio di cui all’articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, per lavoratori dipendenti, collaboratori di cui all’articolo 50, comma 1, lettere c) e c-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, anche assunti secondo la modalita’ riconducibile a un progetto ai sensi degli articoli 61 e seguenti del citato decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati di cui all’articolo 53, comma 2, lettera c), e le spese per prestazioni di lavoro di cui all’articolo 60 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni;
c) il costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, dei beni strumentali alla chiusura dell’esercizio non supera 20.000 euro. Ai fini del calcolo del predetto limite:

  1. per i beni in locazione finanziaria rileva il costo sostenuto dal concedente;
  2. per i beni in locazione, noleggio e comodato rileva il valore normale dei medesimi determinato ai sensi dell’articolo 9 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni;
  3. i beni, detenuti in regime di impresa o arte e professione, utilizzati promiscuamente per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o professione e per l’uso personale o familiare del contribuente, concorrono nella misura del 50 per cento;
  4. non rilevano i beni il cui costo unitario non e’ superiore ai limiti di cui agli articoli 54, comma 2, secondo periodo, e 102, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni;
  5. non rilevano i beni immobili, comunque acquisiti, utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione;

d) i redditi conseguiti nell’attivita’ d’impresa, dell’arte o della professione sono in misura prevalente rispetto a quelli eventualmente percepiti come redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui rispettivamente agli articoli 49 e 50 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917; la verifica della suddetta prevalenza non e’, comunque, rilevante se il rapporto di lavoro e’ cessato o la somma dei redditi d’impresa, dell’arte o professione e di lavoro dipendente o assimilato non eccede l’importo di 20.000 euro.
55. Ai fini dell’individuazione del limite dei ricavi e dei compensi di cui al comma 54, lettera a), per l’accesso al regime:
a) non rilevano i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, e ai parametri di cui alla legge 28 dicembre 1995, n. 549;
b) nel caso di esercizio contemporaneo di attivita’ contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume il limite piu’ elevato dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attivita’ esercitate.
56. Le persone fisiche che intraprendono l’esercizio di imprese, arti o professioni possono avvalersi del regime forfetario comunicando, nella dichiarazione di inizio di attivita’ di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, di presumere la sussistenza dei requisiti di cui al comma 54 del presente articolo.
57. Non possono avvalersi del regime forfetario:
a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell’imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito;
b) i soggetti non residenti, ad eccezione di quelli che sono residenti in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni e che producono nel territorio dello Stato italiano redditi che costituiscono almeno il 75 per cento del reddito complessivamente prodotto;
c) i soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili di cui all’articolo 10, primo comma, numero 8), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, o di mezzi di trasporto nuovi di cui all’articolo 53, comma 1, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427;
d) gli esercenti attivita’ d’impresa, arti o professioni che partecipano, contemporaneamente all’esercizio dell’attivita’, a societa’ di persone o associazioni di cui all’articolo 5 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ovvero a societa’ a responsabilita’ limitata di cui all’articolo 116 del medesimo testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni.
58. Ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, i contribuenti di cui al comma 54: a) non esercitano la rivalsa dell’imposta di cui all’articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, per le operazioni nazionali; b) applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l’articolo 41, comma 2-bis, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni; c) applicano agli acquisti di beni intracomunitari l’articolo 38, comma 5, lettera c), del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni; d) applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai medesimi gli articoli 7-ter e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni; e) applicano alle importazioni, alle esportazioni e alle operazioni ad esse assimilate le disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, ferma restando l’impossibilita’ di avvalersi della facolta’ di acquistare senza applicazione dell’imposta ai sensi dell’articolo 8, primo comma, lettera c), e secondo comma, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e successive modificazioni. Per le operazioni di cui al presente comma i contribuenti di cui al comma 54 non hanno diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
59. Salvo quanto disposto dal comma 60, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dal versamento dell’imposta sul valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. Resta fermo l’esonero dall’obbligo di certificazione di cui all’articolo 2 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696, e successive modificazioni.
60. I contribuenti che applicano il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell’imposta, emettono la fattura o la integrano con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta e versano l’imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
61. Il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al regime forfetario comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis.2 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella dichiarazione dell’ultimo anno di applicazione delle regole ordinarie. In caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole ordinarie e’ operata un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo anno di applicazione delle regole ordinarie.
62. Nell’ultima liquidazione relativa all’anno in cui e’ applicata l’imposta sul valore aggiunto e’ computata anche l’imposta relativa alle operazioni, per le quali non si e’ ancora verificata l’esigibilita’, di cui all’articolo 6, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, e all’articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nella stessa liquidazione puo’ essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, e successive modificazioni, il diritto alla detrazione dell’imposta relativa alle operazioni di acquisto effettuate in vigenza dell’opzione di cui all’articolo 32-bis del citato decreto-legge n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e i cui corrispettivi non sono stati ancora pagati.
63. L’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata dai contribuenti che applicano il regime forfetario, relativa all’ultimo anno in cui l’imposta sul valore aggiunto e’ applicata nei modi ordinari, puo’ essere chiesta a rimborso ovvero puo’ essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni.
64. I soggetti di cui al comma 54 determinano il reddito imponibile applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti il coefficiente di redditivita’ nella misura indicata nell’allegato n. 4 annesso alla presente legge, diversificata a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attivita’ esercitata. Sul reddito imponibile si applica un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell’imposta regionale sulle attivita’ produttive di cui al decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, pari al 15 per cento. Nel caso di imprese familiari di cui all’articolo 5, comma 4, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, l’imposta sostitutiva, calcolata sul reddito al lordo delle quote assegnate al coniuge e ai collaboratori familiari, e’ dovuta dall’imprenditore. I contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ai sensi dell’articolo 12 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato ai sensi del presente comma; l’eventuale eccedenza e’ deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’articolo 10 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni. Si applicano le disposizioni in materia di versamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.
65. Al fine di favorire l’avvio di nuove attivita’, per il periodo d’imposta in cui l’attivita’ e’ iniziata e per i due successivi, il reddito determinato ai sensi del comma 64 e’ ridotto di un terzo, a condizione che:
a) il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attivita’ di cui al comma 54, attivita’ artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;
b) l’attivita’ da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attivita’ precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attivita’ precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;
c) qualora venga proseguita un’attivita’ svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi, realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del predetto beneficio, non sia superiore ai limiti di cui al comma 54.
66. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione e’ stata rinviata in conformita’ alle disposizioni del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell’esercizio precedente a quello di efficacia del predetto regime. Analoghe disposizioni si applicano ai fini della determinazione del valore della produzione netta.
67. I ricavi e i compensi relativi al reddito oggetto del regime forfetario non sono assoggettati a ritenuta d’acconto da parte del sostituto d’imposta. A tale fine, i contribuenti rilasciano un’apposita dichiarazione dalla quale risulti che il reddito cui le somme afferiscono e’ soggetto ad imposta sostitutiva.
68. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d’imposta anteriori a quello da cui decorre il regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai sensi del comma 64 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
69. Fermo restando l’obbligo di conservare, ai sensi dell’articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e successive modificazioni, i documenti ricevuti ed emessi, i contribuenti che applicano il regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili. La dichiarazione dei redditi e’ presentata nei termini e con le modalita’ definiti nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. I contribuenti di cui al comma 54 del presente articolo non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, e successive modificazioni; tuttavia, nella dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore dei redditi per i quali all’atto del pagamento degli stessi non e’ stata operata la ritenuta e l’ammontare dei redditi stessi.
70. I contribuenti che applicano il regime forfetario possono optare per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari. L’opzione, valida per almeno un triennio, e’ comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l’opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
71. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57.
72. Nel caso di passaggio da un periodo d’imposta soggetto al regime forfetario a un periodo d’imposta soggetto a regime ordinario, al fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi e i compensi che, in base alle regole del regime forfetario, hanno gia’ concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi ancorche’ di competenza di tali periodi; viceversa i ricavi e i compensi che, ancorche’ di competenza del periodo in cui il reddito e’ stato determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario. Corrispondenti criteri si applicano per l’ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario a quello forfetario. Nel caso di passaggio da un periodo di imposta soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un diverso regime, le spese sostenute nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi. Nel caso di cessione, successivamente all’uscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello da cui decorre il regime forfetario, ai fini del calcolo dell’eventuale plusvalenza o minusvalenza determinata, rispettivamente, ai sensi degli articoli 86 e 101 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, si assume come costo non ammortizzato quello risultante alla fine dell’esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Se la cessione concerne beni strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come costo non ammortizzabile il prezzo di acquisto.
73. I contribuenti che applicano il regime forfetario sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, e dei parametri di cui all’articolo 3, comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549. Con il provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate recante approvazione dei modelli da utilizzare per la dichiarazione dei redditi sono individuati, per i contribuenti che applicano il regime forfetario, specifici obblighi informativi relativamente all’attivita’ svolta.
74. Per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni vigenti in materia di imposte dirette, di imposta sul valore aggiunto e di imposta regionale sulle attivita’ produttive. In caso di infedele indicazione, da parte dei contribuenti, dei dati attestanti i requisiti e le condizioni di cui ai commi 54 e 57 che determinano la cessazione del regime previsto dai commi da 54 a 89, nonche’ le condizioni di cui al comma 65, le misure delle sanzioni minime e massime stabilite dal decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, sono aumentate del 10 per cento se il maggiore reddito accertato supera del 10 per cento quello dichiarato. Il regime forfetario cessa di avere applicazione dall’anno successivo a quello in cui, a seguito di accertamento divenuto definitivo, viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie indicate al comma 57.
75. Ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, rileva anche il reddito determinato ai sensi del comma 64 del presente articolo. Tale reddito non rileva ai fini dell’applicazione dell’articolo 13 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, e successive modificazioni.
76. I soggetti di cui al comma 54 esercenti attivita’ d’impresa possono applicare, ai fini contributivi, il regime agevolato di cui ai commi da 77 a 84.
77. Per i soggetti di cui al comma 76 del presente articolo non trova applicazione il livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali dall’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233, e si applica, per l’accredito della contribuzione, la disposizione di cui all’articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335.
78. Nel caso in cui siano presenti coadiuvanti o coadiutori, il soggetto di cui al comma 76 del presente articolo puo’ indicare la quota di reddito di spettanza dei singoli collaboratori, fino a un massimo, complessivamente, del 49 per cento. Per tali soggetti, il reddito imponibile sul quale calcolare la contribuzione dovuta si determina ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, e successive modificazioni.
79. I versamenti a saldo e in acconto dei contributi dovuti agli enti previdenziali da parte dei soggetti di cui al comma 76 sono effettuati entro gli stessi termini previsti per il versamento delle somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi.
80. Ai soggetti di cui al comma 76 del presente articolo e ai loro familiari collaboratori, gia’ pensionati presso le gestioni dell’INPS e con piu’ di 65 anni di eta’, non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449.
81. Ai familiari collaboratori dei soggetti di cui al comma 54 del presente articolo non si applica la riduzione contributiva di tre punti percentuali, prevista dall’articolo 1, comma 2, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
82. Il regime contributivo agevolato cessa di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 54 ovvero si verifica taluna delle fattispecie di cui al comma 57. La cessazione determina, ai fini previdenziali, l’applicazione del regime ordinario di determinazione e di versamento del contributo dovuto. Il passaggio al regime previdenziale ordinario, in ogni caso, determina l’impossibilita’ di fruire nuovamente del regime contributivo agevolato, anche laddove sussistano le condizioni di cui al comma 54. Non possono accedere al regime contributivo agevolato neanche i soggetti che ne facciano richiesta, ma per i quali si verifichi il mancato rispetto delle condizioni di cui al comma 54 nell’anno della richiesta stessa.
83. Al fine di fruire del regime contributivo agevolato, i soggetti di cui al comma 54 che intraprendono l’esercizio di un’attività d’impresa presentano, mediante comunicazione telematica, apposita dichiarazione messa a disposizione dall’INPS; i soggetti gia’ esercenti attivita’ d’impresa presentano, entro il termine di decadenza del 28 febbraio di ciascun anno, la medesima dichiarazione. Ove la dichiarazione sia presentata oltre il termine stabilito, nelle modalita’ indicate, l’accesso al regime agevolato puo’ avvenire a decorrere dall’anno successivo, presentando nuovamente la dichiarazione stessa entro il termine stabilito, ferma restando la permanenza delle condizioni di cui al comma 54.
84. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge l’Agenzia delle entrate e l’INPS stabiliscono le modalita’ operative e i termini per la trasmissione dei dati necessari all’attuazione del regime contributivo agevolato.
85. Sono abrogati, salvo quanto previsto dal comma 88:
a) l’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
b) l’articolo 27 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
c) l’articolo 1, commi da 96 a 115 e 117, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni.
86. I soggetti che nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale agevolato di cui all’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, o del regime contabile agevolato di cui all’articolo 27, comma 3, del medesimo decreto-legge n. 98 del 2011, in possesso dei requisiti previsti dal comma 54 del presente articolo, applicano il regime forfetario, salva opzione per l’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte sul reddito nei modi ordinari.
87. I soggetti che nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale agevolato di cui all’articolo 13 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, o del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, possono applicare, laddove in possesso dei requisiti previsti dalla legge, il regime di cui al comma 65 del presente articolo per i soli periodi d’imposta che residuano al completamento del triennio agevolato.
88. I soggetti che nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, possono continuare ad avvalersene per il periodo che residua al completamento del quinquennio agevolato e comunque fino al compimento del trentacinquesimo anno di eta’.
89. Le disposizioni dei commi da 54 a 88 si applicano a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. Con decreti di natura non regolamentare del Ministro dell’economia e delle finanze possono essere dettate le disposizioni necessarie per l’attuazione dei commi da 54 a 88. Con provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le relative modalita’ applicative.